Barbarah Katia Guglielmana e Ilaria Francesca Martino sono due mediche del pronto
soccorso dell’Ospedale San Matteo di Pavia e sono legate da profonda amicizia.
Come per tutte le loro colleghe e i loro colleghi, in Italia e nel resto del mondo, il 2020 era iniziato in modo drammatico, nel tentativo di fronteggiare un virus del quale non si sapeva quasi nulla; era una situazione di emergenza senza precedenti. All’improvviso il pronto soccorso di Pavia si è riempito di pazienti con gli stessi sintomi e, tra le conseguenze di quel sovraffollamento, ha iniziato a scarseggiare l’ossigeno, che in quella “tempesta perfetta” si era rivelato un salvavita, tanto che, più di una volta, mediche e medici hanno dovuto tragicamente scegliere chi salvare. Hanno dovuto imparare in presa diretta cosa fare e come farlo per accogliere, curare e proteggere i pazienti e come proteggersi da un contagio che, proprio per le speciali contingenze, sarebbe stato, poi, inevitabile: a marzo, Guglielmana e Martino erano consapevoli di essere state contagiate, anche se non avevano ancora sintomi. Il senso di responsabilità verso parenti, amiche, amici, verso la comunità che faceva a loro riferimento, e verso la professione, le ha convinte a cercare di isolarsi per evitare di spargere il contagio.
Non sapendo dove andare, e con la paura di contagiare altre persone, Martino ha chiesto aiuto a Guglielmana, che l’ha accolta in casa sua, dove lei si era già isolata. Si sono ritrovate così a convivere e, nel giro di poche ore, hanno scoperto di essere entrambe positive al Covid, come avevano sospettato. Hanno così affrontato insieme la quarantena. Questa, in grandi linee, la storia che le due autrici hanno raccontato, con la commozione negli occhi e nella voce, a Mezzana Rabattone, in Provincia di Pavia, il 24 aprile 2022, come introduzione alla prima presentazione di Tributo Naturale (Univers EDIZIONI, dicembre 2021), il libro che, nelle poesie di Ilaria Francesca Martino e negli Aforismana (un progetto artistico di disegni e aforismi) di Barbarah Katia Guglielmana, racconta l’esperienza di quel tempo condiviso. Le due amiche trascorrevano buona parte della quarantena leggendo. In particolare, è rimasto loro molto caro il libro Sul perturbante (Mimesis EDIZIONI, 2019), un saggio che analizza lo scritto di Sigmund Freud intitolato Il perturbante, scritto da Angelo Antonio Moroni, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association, che poi è stato contattato proprio da Guglielmana e Martino, e ha scritto la prefazione a Tributo naturale. Le due amiche si alternavano alla lettura a voce alta del saggio di Moroni, ne commentavano i passaggi, e poi scrivevano e disegnavano. Tributo naturale è il risultato artistico di quel tempo di condivisione, un libro che ha fruttificato dalla sofferenza.
Leggendolo, mi è venuto in mente un passaggio di Utopia, l’opera più importante di Thomas More, pubblicata nel 1516:
«Un altro genere di piacere fisico, a loro dire, consiste nella condizione di quiete e di
equilibrio del corpo che è la vera e propria salute d’ognuno, non disturbata da alcun dolore.
[…] sono tutti d’accordo che la salute è il più grande di tutti i piaceri».
Ecco, le poesie e i disegni di Tributo naturale scavano nell’animo umano e raccontano la luce di ciò che è naturale: bisogna essere grate e grati quando stiamo bene; quella condizione è talmente quotidiana, per la maggior parte di noi, che non ci facciamo più caso. Solo quando affrontiamo una malattia, ci rendiamo conto di quale dono enorme sia la salute. Dalla lettura di Tributo naturale emerge chiaro il tributo che le due autrici fanno alla natura e al naturale passaggio dalla condizione di salute, quando c’è, alla malattia; bisogna recuperare quella naturalità consapevole della condizione di salute che ci permette di affrontare la naturalità della condizione della malattia, e viceversa. Naturalità significa anche essenzialità: il libro è un tributo a ciò che deve essere essenziale per sua natura, perché in uno dei momenti più difficili della vita di una persona, la malattia, si entra in dialogo intimo con sé stessi, con il disagio e il dolore; si è sole e soli a tu per tu con il dolore; lo si vive sempre in solitudine; non è possibile condividere con un’altra persona la sofferenza per diluirla, per attenuarla; eppure, le poesie di Martino e gli Aforismana di Guglielmana raccontano una condivisione del disagio, del dolore, della fatica quotidiana anche a fare le azioni più semplici, possibile tra esseri umani, nel senso di uno stare insieme nell’affrontare una malattia in cui troppe parole sarebbero eccessive e il silenzio sarebbe un abbandono. Tutto ciò, forse, ha permesso a Martino di sublimare il dolore in versi delicatissimi e profondi, come i seguenti: «Ho lacrime di sabbia, senza acqua. / Come un cactus piango attraverso le mie spine. / Rubo gocce alla pioggia, / mi confondo tra i piccoli garofani viola sulle tombe / nel giorno dei morti».
Questi versi rispondono, come sempre all’interno del libro, a un disegno dal tratto pieno accompagnato dal seguente aforisma di Guglielmana: «Alla pioggia ho preso qualche gocciolina». Tributo naturale esprime l’esigenza di chiamare nuovamente le cose, di ridare loro un nome, di nominarle nuovamente, dalle radici, per ricominciare dalla gratitudine per la vita. Ecco che così, le due autrici si sono trovate a viaggiare dentro di sé e nella malattia; non a caso, nell’esergo del libro leggiamo: «Ogni viaggio nel mondo inizia / da il viaggio dentro se stessi». Quel viaggio ha fruttato parole e immagini che hanno ridefinito la realtà, creando nuovi significati. Tributo naturale è una plaquette raffinata, un libro fatto di poesie e disegni, che descrivono la verità nella malattia e la rinascita sostenuta dall’amicizia. È un cantare insieme, come già scrive Antonella Fimiani nella postfazione. Durante la lettura di Tributo naturale, si sentono sgorgare dal profondo i versi di Ilaria Francesca Martino, felicemente ispirati agli Aforismana di Barbarah Katia Guglielmana che si presentano sempre in una cornice floreale, dettati dal disagio della malattia che esige parole precise, che non può far sprecare le forze, quindi né fiato né inchiostro. Il tutto fa luce nella profondità dell’abisso, dove sono scese le due amiche, per poi trovare proprio lì, in quelle parole e in quei disegni insieme, la medicina dell’anima e, forse, anche del corpo; qui l’arte ha salvato veramente, come le molliche di pane di Pollicino che questa volta non sono andate perdute, ma hanno permesso a Barbarah Katia Guglielmana e a Ilaria Francesca Martino di tornare rinnovate.
Riccardo Giuseppe Mereu
Pavia, 29 giugno 2022