26 aprile 1986: l’errore più grande che l’umanità, ancora ignara del loro potenziale, potesse compiere, non valutando il rischio delle centrali nucleari. Una città: Pripyat, oggi, abbandonata, nell’Ucraina settentrionale, vicino al confine con la Bielorussia. Sulla carta geografica, il suo nome inizia ad essere localizzato dal 4 febbraio 1970, quando venne istituita, con il ruolo di essere la nona città nucleare dell’ Unione Sovietica.
Oggi, sembra incomprensibile come degli ingegneri possano non aver avuto la coscienza di effettuare, almeno, turni, considerando il problema: l’esplosione del reattore di Chernobyl viene definito la più grave prevedibile catastrofe, avvenuta in una centrale di produzione di energia nucleare. Era l’una e 23 minuti e, da quel boato, iniziarono a diffondersi le radiazioni, che copri l’Europa e l’Italia subì numerosi danni, il peggiore fu il peggioramento della salute nelle persone, di qualsiasi età e complicazioni nelle donne in gravidanza. La mattina seguente vennero evacuati 360.000 cittadini, con una settantina di morti diretti. Si sono registrati circa quattromila casi di tumori alla tiroide e malformazioni, quasi da pellicola di fantascienza, sui bimbi in grembo e su quelli concepiti negli anni successivi, perché se questo non fosse stato ufficiente, occorre specificare che la contaminazione dell’aria venne confermata per un decennio e, nella zona più vicina alla centrale, ancora oggi, ne è vietato l’avvicinamento.
Un enorme ringraziamento va ai giovanissimi addetti, che, appena fu possibile, riuscirono a chiuderela valvola del reattore o la situazione procava danni peggiori: loro sono stati i veri eroi, poiché, consapevoli che entrare nella centrale, con un livello di inquinamento elevatissimo, avrebbe loro sacrificato la vita.
Oggi, i politici russi e ucraini stanno già disseminando una violenza ingiusta, ma quando, anche solo come minaccia verbale, citano il nome di Chernobyl, viene da chiederci se sono consapevoli che un altro eventuale scoppio non fa la differenza tra civili e uomini di potere. Bombardare Kiev, non è giustificabile, ma quella città lasciamola in silenzio, ha già urlato e, forse, ha ancora qualche energia per farlo.