Cultura e Musica

Il Borgo di Mornico Losana al tramonto

Inizia la salita e la musica degli Abba conferisce la carica giusta: curve strette, ma panorami che, al calar del sole, sono…beh lo scoprirete!

 

 

ed eccoci al cartello: dal basso, se ci voltiamo, si può ammirare uno dei castelli più eleganti dell’ Oltrepò Pavese, innalzato nel 1190, oggi, è una location per cerimonie, con un’ampia offerta di servizi.

 

 

 

Sull’etimologia del nome di Mornico e di quello annesso di Losana ci sono pareri discordi. Losana potrebbe derivare dal nome gentilizio Locanius poi trasformatosi in Losanius, oppure potrebbe essere il femminile di Luzzano, giacchè il territorio è calcareo. Il nome principale di Mornico potrebbe derivare da Maurinicus, aggettivo riferito al nome proprio Maurinus. Potremmo, infine, attingere alla tradizione popolare che vuole che il moro che regge un bicchiere di vino, raffigurato nel vecchio stemma del paese, si chiami Nico.

I primi insediamenti possono risalire ai Galli, ma il ritrovamento di alcuni reperti archeologici, tra cui alcune monete del III/I secolo a.C., rendono più certa la presenza romana.
Citato anche tra i luoghi fortificati e dotati di autonoma amministrazione, che, nel 1164, l’imperatore Federico I concesse alla città di Pavia.

Nel 1880, il castello passa alla famiglia De Filippi ed in questo periodo spicca la figura di Giuseppe De Filippi il quale, sindaco nel 1880 nonchè promotore di alcune primarie istituzioni civili del borgo, fu il risollevatore dell’agricoltura mornichese.
Nell’ottobre 1896 don Luigi Orione, futuro beato, apre a Mornico, e con sede nello stesso castello, la sua prima colonia agricola.

L’edificio è chiuso, se non è prevista l’apertura dal Comune, in occasione di iniziative, sia pubbliche sia private.

La celebre e amata dal pubblico presentatrice, Maria De Filippi, ha vissuto in questo borgo e la sua famiglia ha gestito un’ attività vinicola.

Inizio a scendere, perché inizia a rabbuiarsi, ma le frazioni che confinano con il borgo, mi incuriosiscono. Osservo qualche bambino che gioca, lontano dagli smartphone, e ragazzi che passeggiano, in mezzo ad antiche abitazioni ed attrezzi agricoli, quasi sconosciuti alle nuove generazioni di città.

Mi stupisco, rallentando, di vedere già i papaveri. Salendo, il glicine comunica che è primavera e, scendendo, qualche sfumatura estiva mi rasserena l’anima.

 

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