La Santa Pasqua è vicina. La mente va a quell’area dell’Est Europa, che, da cinquanta giorni, sta combattendo un’assurda guerra. Nessuna guerra può essere giustificata, ma il comportamento di entrambe le parti è indegno. Il problema lo devono “risolvere” i civili, restando e rischiando o scappando e non sapendo quali soluzioni offrirà loro il futuro.
Partecipo alla Messa del Triduo pasquale e, dopo aver riflettuto con gli altri fedeli, mi concedo un breve giro nella mia zona, raggiungendo il paesino confinante, Rea. Il clima è ancora fresco, per sentire voci, di chiacchiericcio all’aperto. All’ incrocio che conduce a Verrua Po, sulla sinistra, mi fermo e osservo, con un’ emozione palpitante, quel rustico, la cui storia e i cui obiettivi conosco da circa quattro anni, ma che iniziano nel 2009. Proprio il caso, ha voluto che ne conoscessi la proprietaria, Isa Maggi, in una serata, invece, quasi estiva, durante una conferenza sull’ occupazione femminile, nel nostro Paese. Intervistandola per il giornale dell’ Università di Pavia, con il quale collaboravo, ho avuto modo di scoprire quanto fossimo “vicine”. E ancor più vicino è il suo sogno e quello della figlia, precocemente scomparsa, a causa di una malattia, ma già una giovane donna, con progetti, come quello di aiutare le sue simili, in difficoltà, economiche e sociali. Gaia rivive nel nome di quel rustico che stavo osservando. Dopo una triste storia burocratica, “Villa Gaia” può riaprire e diventare quello che Isa, da attivista in difesa del genere femminile, auspica da quasi dieci anni: offrire uno spazio a ragazze in difficoltà, con eventuali figli, che scappano da situazioni di violenza: spesso, l’ostacolo si chiama “uomo”, un individuo che le ama alla follia, le manipola, rovinando loro la vita e di quelli che le circondano.
Ripenso a quante volte mi sono recata in questo paesino, lambito dal fiume Po.
Con la mia famiglia, da bambina, ho partecipato a feste estive e a serate di chiacchere a un bar “che ne ha fatto la storia”, poiché i commenti dei giovani, negli anni Novanta, sono di rimpianto: sotto i vecchi scatti, pubblicati su Facebook, ricordano con nostalgia le ore libere, in cui si ritrovavano, e i loro genitori sapevano che fossero “seguiti” dai gestori del locale, una famiglia, diventata anche la loro. Io, forse, mi sono avvicinata al primo videogioco proprio in quel bar e ricordo lo sgabello, per arrivare ai tasti: frequentavo prima elementare e quella grafica, che, ora, “ci sembra arcaica”, era pazzesca.
Circa un anno fa, alcuni volontari hanno deciso di ricostituire la Pro Loco, che sta già organizzando iniziative, per grandi e piccini. l’impegno è ricompensato e, se la curva epidemiologica lo consente, si può investire di più.
Osservo, nell’ombra della sera, quel rustico, finalmente non più in vendita, che sta sbocciando con la primavera. Villa Gaia è, ormai, avviata nella ristrutturazione: quella porta, che ho catturato, la interpreto come una possibilità di salvezza.
Solitamente, si scappa da una casa, che diventa un carcere, con un boia, che rischia di uccidere: invece, in queste mura, si imparerà o reimparerà a essere sé stesse, amarsi per come si è e, una volta riconquistata la fiducia, si acquisiranno nuove competenze, affiancate da esperti in più discipline.
Osservo, tra i pensieri, quelle luci spente e mi immagino una sua versione abitata, con qualche mamma che canta ninna nanne e qualche altra che rimprovera il figlio più grandicello e un po’ ribelle nell’addormentarsi.
Gli ospiti avranno, quindi, l’occasione di costruirsi una nuova immagine, ma non in autonomia, finché la loro anima è fragile: esperti in varie discipline, soprattutto in psicologia, saranno al loro fianco. Un gesto che, però, non ha eguali, nemmeno negli studi medici più approfonditi, è una carezza, simbolo di fiducia e di benvenuto in una nuova Rea-ltà di provincia. Le sue dimensioni sono ridotte e, apparentemente, poche le opportunità, ma, invece, proprio per questo, la donna sola, o con eventuali figli, avrà modo di costruirsi una seconda possibilità.
Se è vero il detto:” L’unione fa la forza” e sappiamo quanto le donne siano forti anche singolarmente, possiamo solo aspettare l’arrivo di nuove quasi compaesane, accogliendole con una bandiera “gaia”, come dovrà essere la loro espressione, quando il cancello sarà loro aperto.