Una delle più conosciute fotografe, a livello internazionale, Letizia Battaglia è mancata nella giornata di ieri. Se vogliamo restare nel nostro territorio, ricordiamola nel suo incontro di giovedì, 4 maggio 2017, all’ Università di Pavia, intitolato come l’articolo: esso è stato un’ occasione di dialogo, con la docente di Sociologia delle migrazioni e delle politiche migratorie, Rita Calabrò. L’ artista, che combatteva l’ingiustizia, con una delle armi più potenti attuali, la macchina fotografica, ha combattuto per la difesa della popolazione palermitana, nel periodo storico definito “Anni di Piombo”: gli anni Settanta erano sinonimo di terrorismo, nel nostro Paese. La conseguente omertà, quindi l’impossibilità di denunciare i reati, rendeva le indagini ancora più cupe.
Letizia era una grande persona: i suoi scatti erano opere che ritraevano l’anima della gente, sia dei giusti sia degli sbagliati e ne aveva di audacia, contro la criminalità organizzata. Esporsi significava quasi offrirsi come vittima sacrificale.
L’ accezione al piombo è stata scelta proprio come riferimento al materiale pesante con la pesantezza psicologica da gestire nella quotidianità.
Non solo è stata una fotografa ad alto livello, ma anche attiva in politica e a servizio e della sua città, organizzando iniziative editoriali, poiché sapeva quanto ancora fosse elevato il livello di analfabetismo e le persone dovevano innanzitutto imparare le basi e, in un secondo momento, imparare a pretendere il riconoscimento della loro dignità.
Aveva soffiato le sue 87 candeline, soddisfatta delle sue imprese: malata da tempo, conservava ancora lo sguardo curioso di una ragazzina e nemmeno sul look scherzava: basti ricordare le sue tinte estrose, di quel caschetto un po’ allungato. Nessuno riesce a credere che sia arrivato quel momento, in cui lei riponesse lo strumento, che lei ha sempre usato con l’empatia che la contraddistingueva, anche quando si trattava di soggetti che gli occhi e l’animo umani non avrebbero voluto vedere.
Un cenno a una frase che fa riflettere e rappresenta una conferma che, nonostante non siano sufficienti di passi avanti, dagli anni Settanta, nell’ambito femminile, ne sono stati compiuti:” Le donne, oggi, sono più libere e gli uomini ne hanno paura, affermare lo scorso marzo”. In contrasto, la sua affermazione, durante un’intervista al giornale dell’ Università di Pavia, “Inchiostro”, in riferimento alla condizione femminile di quegli anni: “In Italia non esisteva una fotografa che lavorasse nei quotidiani e stato molto complicato non ero credibile e mi respingevano tutti un giorno imparato a gridare…” e da quel giorno lei è diventata la donna quella di maiuscola di cui parliamo oggi sia noi gente comune sia i mass media e gli studiosi di arte che hanno avuto il modo di analizzare le sue immagini. Palermo le è molto grata e molto vicina: Letizia ha saputo comunicare, con numerosi e, ribadiamo, molto provocatori, scatti quello che nessuno aveva il coraggio di fare.
Oggi, quella città è meno sofferente, ma le sue testimonianze non devono finire nell’oblio, poiché dopo il terrore regni la quiete di un’ isola, che può regalare solo bellezza.