La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), con sentenza del 7 aprile 2022, ha condannato l’Italia per aver violato l’art. 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che tutela il diritto alla vita.
Il caso concreto, uno, purtroppo, dei molti, ha definito le autorità giudiziarie italiane colpevoli di non aver avviato le procedure, che sono state promulgate, con l’obiettivo di tutelare la donna e gli eventuali figli dalle violenze domestiche. Esse sono rimaste passive, aumentando il rischio di danni fisici e psicologici.
Nessuno che ne fosse consapevole e rivestisse un ruolo in ambito giudiziario, ha allertato i servizi sociali, collocando le potenziali vittime in un centro di accoglienza.
Non sarà il denaro a ridarle la meritata serenità, almeno in un primo momento, ma la qota che le spetta per i gravi danni morali è di 32.000 euro, con la più intima soddisfazione di “aver vinto” una causa in un Paese che, nonostante l’impegno di più associazioni, spesso non a scopo di lucro, è ancora titubante nell’ accettare le donne, sia come persone sia come professioniste. I movimenti femministi e gli uomini che credono nel potenziale del sesso opposto non mancano, ma è assurdo dover affermare quanto sia complicato, in alcune occasioni, cancellare stereotipi “di origine medievale”.