Uno sguardo indietro di venticinque anni.
Era la mattina del 1 settembre 1997, nella giornata mi avrebbero dimesso dall’ ospedale San Matteo di Pavia, reparto pediatria. Diagnosi rimandata e un secondo ricovero, senza una soluzione. Appendicite? Nessun medico sembrava comprenderlo dalle lastre. E’ che se leggevo preoccupazione nel voto dei miei, io, un po’, mi ci ero anche abituata. Sapevo che quella pancia mi faceva tribolare, però a nove anni, anche l’ospedale, diventa un luogo di incontri e giochi. Quella mattina, in cui aspettavo le dimissioni, molti parlavano “della principessa”. Diana? Sì, proprio lei. Ero piccola, avevo iniziato a studiare inglese quasi nove mesi prima e, anche per la sua presenza in televisione, mi ero affezionata. Bella, incantevole. E quella lingua che iniziavo ad amare.
Quando ripresi la mia quotidianità, anche a scuola, con i modi adatti a dei bambini, ci spiegarono cosa accadde a quella donna, splendida, ma anche molto triste. Ovviamente, non comprendevo fino a che livello ti conducesse la depressione e, soprattutto, che cos’ era la depressione? Mi ero limitata, anche perché le indagini dovevano continuare, al fatto che lei non volesse essere al centro dell’attenzione, con il suo nuovo amore, e proteggere i figli dai pettegolezzi. Solo pochi anni fa, pe dire, scoprii che Carlo amava già Camilla, prima del matrimonio, e Diana ne era consapevole. Quella mattina del 29 luglio 1981, però, tutto era perfetto, anche se la perfezione non esiste, ma ci si avvicinava, e la Favola era in mondovisione.
Al cinema, è uscito Spencer e non è un film da guardare, ma da “osservare”. Il concetto non è simile: il pubblico viene introiettato dentro un vortice di emozioni, spesso, dolorose, però, se è affascinato dalla sua anima, accetterà anche questo lato della narrazione, gestita magistralmente da Pablo Larraín.
La protagonista è la principessa, spesso circondata dall’affetto dei suoi figli e della sua guardarobiera. Anche un altro personaggio storico, scomparso, Anna Bolena, l’aiuta quando le forze le vengono a mancare.
La freddezza del marito e della Regina raggelano anche il personale di servizio.
Il tema dei disturbi alimentari può essere oggetto di discussione, anche nelle scuole, poiché molti ne soffrono e non solo adolescenti. Diana sfogava quella rabbia e veniva considerata “malata psicologicamente”: come le suggerì la fidata Maggie, la sua medicina era “l’amore”, quello semplice e concreto. Gli attacchi di ansia e di rabbia erano un’ovvia conseguenza alle ingiustizie di cui era vittima.
Lei che amava la libertà, non era stata abbastanza consapevole dei rigidi protocolli della Corona. Non è comunque vero che essere simboli di una Nazione significhi avere una doppia faccia: oggi, i Reali britannici li percepiamo più “vicini” e Kate educa i figli in mezzo alla natura, non oscurando le camere, perché potevano essere spiati dalla stampa. L’attenzione non deve bloccare l’anima di una persona e, nel caso, una donna deve avere la possibilità di rinunciare, senza essere schernita o considerata fragile. Lei era l’arma di se stessa, ma era attorniata solo da “regole”, che, non stupiamoci, non erano applicabili al principe, il quale le confessa la sua relazione extra-coniugale.
All’ epoca, non era facile essere emancipate, né per le donne comuni né per le “reali”. Oggi? Vi stiamo ancora lavorando.