Giuseppe Ungaretti, il Soldato Poeta è una dedica che l’autore e regista teatrale, Pietro Seddio, ha dedicato al personaggio, non solo letterario, del secolo scorso.
Il libro si presenta diviso in più sezioni e analizza la biografia del personaggio e le opere principali, ma la parte che più colpisce è proprio quella iniziale: prima di giungere al poeta stesso, si introduce, in modo riassuntivo ed esaustivo, l’evoluzione, in ambito storico-letterario, del Novecento, in particolare delle due correnti stilistiche, di cui Ungaretti fece parte: l’Ermetismo e il Surrealismo. Se l’autore del libro cita il “Soldato Poeta” per eccellenza, non può non menzionare l’altro “collega”, che combatté nella medesima guerra: Gabriele D’Annunzio. Un breve cenno all’estrema differenza tra i due letterati è d’obbligo; nobile, però, rappresenta il loro impegno, non solo teorico, ma anche pratico, scendendo sul campo a difendere il proprio ideale di Patria. Infatti, all’epoca, questo concetto era molto più sentito dai giovani ed essi avevano quasi meno paura nello sfidare il nemico. È anche vero che la “Grande Guerra”, come venne definita la Prima Guerra Mondiale, fu il primo conflitto di impatto catastrofico, poiché, fino a quell’anno, non si era mai conosciuta una tragedia di simile entità.
Nell’ analisi delle opere, Seddio predilige un metodo schematico, che suggerisco ai più giovani sia per studiare sia come fonte di ricerca.
Un segno particolare di Ungaretti, nel poetare, è la frequenza di spazi, che indicano le pause mentali, nelle quali egli rifletteva sulla sua gioventù, inaridita dagli orrori della guerra. Il progresso stava diventando regresso.
Ungaretti è definito il padre dell’Ermetismo, che, più di una corrente letteraria, venne considerato un atteggiamento di chiusura dei poeti verso la società.
I componimenti in versi si distinguono da quelli precedenti, per il loro linguaggio e il loro contenuto non di facile interpretazione, soprattutto se non se ne conosce il momento storico in cui esse vennero prodotte.
“Ermetico” era un aggettivo, con un’ accezione negativa, verso il poeta: egli si rivelava poco disponibile al confronto e alla comunicazione. Questo stile letterario venne definito negli anni in cui governava il regime fascista ed era evidente che gli artisti non potessero esprimere la loro opinione, contraria a quella dettata dalla mentalità totalitarista.
Una delle sue più celebri poesie, studiata tra i banchi di scuola, è San Martino del Carso: i muri delle case distrutti come i compagni dell’esercito e il poeta si domanda cosa resta dopo numerosi spari.
Veglia è un’altra poesia che colpisce, poiché esprime in senso di angoscia del poeta, nelle vesti di un soldato, che sta comunicarlo ai potenziali lettori, quella notte in cui si trova circondato dai compagni, deceduti nel conflitto, solo e al freddo: l’unica via d’uscita, per alleviare quello stato d’animo, era sfogarsi in versi.
Il congedo, nelle festività natalizie, lo conduce dai parenti napoletani, ma poco serve a svagargli la mente, oscurata dalla disumanità, che ha conosciuto in prima persona: Natale ne rappresenta quasi uno sfogo.
In questo momento, più che mai, il personaggio di Ungaretti sembra attuale, in più ambiti, e gli occhi sbarrati di quei poveri giovani, ripresi dai mass media in partenza per l’Ucraina, ricordano proprio quelli narrati dal poeta.
Sono trascorsi circa cento anni, ma il minimo del comune multiplo rimane l’irrisolto odio tra i popoli.