Ci siamo. Alle 20 di ieri Vladimir Putin proclama ufficialmente in tv l’indipendenza dall’Ucraina delle regioni filo russe del Donbass e di fatto la volonta’ di annetterli alla ” Grande Madre Russia”. Al di la’ del merito del discorso del Ras del Cremlino dunque, non c’e’ dubbio che siamo alla vigilia di una guerra, tanto più preoccupante quanto più è vicina a noi, come lo fu quella dei Balcani.
E tuttavia finora il sentimento dominante delle opinioni pubbliche europee è stato più che l’angoscia, una
stanchezza venata d’incredulità. Le piazze non si sono ancora mobilitate, (a differenza di quando ad essere additati come invasori sono gli Stati Uniti); l’opinione pubblica, di fronte allo sfilare dei carri armati ed al primo crepitio di bombe e di kalashnikov, resta per lo più attonita. Siamo diventati tutti indifferenti? Non credo sia questo il punto. Si può dire semmai che le nostre menti, logorate da due anni di pandemia, siano restie ad accettare questa nuova iattura e rifiutino di credere al rischio di una terza guerra mondiale,
attraverso un processo di rimozione che decreta come impossibile”, ciò che invece malauguratamente non lo è. Ma non c’è solo questo a frenare per il momento i consueti moti di indignazione generale. Subentra anche la considerazione che, nel caso, siamo al cospetto della Russia di Putin e cioè di una super- potenza che, di fondo, ci tiene tutti sotto scacco. La nostra dipendenza energetica, la paura che tagliare i ponti e qualsiasi rapporto diplomatico con il Cremlino, possano provocare contraccolpi fatali e ridurci all’indigenza economica, induce le classi politiche occidentali e l’opinione pubblica ad assumere toni più pacati e concilianti, rispetto a quelli che la protervia russa meriterebbe.
Ma attenzione, anche in questo caso la Storia è o dovrebbe essere maestra di vita. Nel secolo scorso, prima della catastrofe, anche verso Hitler si sono tentati approcci ” concilianti” che in qualche modo rispondevano alla speranza di ” addomesticarlo”. Si pensi ai tentativi diplomatici di arginare la follia del Fuhrer, o di restare neutrali rispetto alle sue mire espansionistiche, (valga per tutti il trattato di non
aggressione tra Germania e Unione Sovietica, il cosiddetto “Patto Molotov- Ribbentrop” che finì, come tutti sanno, nel finì, come tutti sanno, nel macero di uno dei più sanguinosi fronti della seconda guerra
mondiale).
Dunque la sfida con il gigante Russo non può che giocarsi sul filo di un sottilissimo equilibrio, su un crinale di
ambivalenza strategica. Perché in questo caso reattività e fermezza di fronte all’espansionismo di Mosca e
all’eventuale aggressione di un Paese Sovrano, si devono necessariamente combinare con un’ opportuna dose di astuzia politica. Concedere quel che si può concedere quindi, ( ad esempio rinunciare all’idea di un’ Ucraina nella Nato e biasimare, qualora defitivamente acclarate, le asserite persecuzioni ai danni della popolazione filo- russa del Donbass ) e reagire invece con forza e unità di intenti a qualsiasi ulteriore prova di forza del dittatore moscovita, qualora volesse detronizzare il Presidente ucraino o estendere anche ad altri Paesi confinanti le sue mire egemoniche.
In altre parole non ci si dovrebbe mai stancare di dialogare, finché è possibile, e di trovare mediazioni prive di smaccati cedimenti, nell’intento di allontanare quello che a ragione è il nostro accennato tabù mentale, l’incubo di una catastrofica terza guerra mondiale.
Fabrizio Uberto