Cultura e Musica

Pavia, 70 anni fa usciva il film “Il cappotto”

La pellicola girata in città aveva come protagonista Renato Rascel

Esattamente 70 anni fa usciva nelle sale italiane “ Il cappotto”,  film del 1952 girato a Pavia, diretto da Alberto Lattuada, tratto da un racconto di Nikolaj Gogol e interpretato, in un ruolo insolitamente drammatico, da Renato Rascel. La pellicola racconta la storia di Carmine De Carmine, timido e insignificante scrivano comunale, deriso da tutti e vessato dai capi. Povero in canna, va in giro con un cappotto lacero, finché per fare colpo sulla bella dirimpettaia non decide di farsene uno nuovo. Purtroppo però il cappotto nuovo, di cui va orgogliosissimo, gli viene rubato poco dopo Gli interni furono girati presso gli stabilimenti romani della Titanus alla Farnesina, mentre per gli esterni la produzione si trasferì a Pavia. Inizialmente, nella prima versione della sceneggiatura la città individuata per tale scopo era Lucca, che poi diventò genericamente “una città del nord” ed, infine, dopo aver rinunciato a ricostruire in studio una città immaginaria, fu scelta Pavia, anche in funzione degli altri impegni professionali di Rascel, che stava recitando in un teatro della vicina  Milano. Lattuada rivendicò la corretta ambientazione dovuta alla scelta di quella città, ricordando che a Cannes egli ne ricevette i complimenti della delegazione dell’Unione Sovietica. Le riprese iniziarono il 5 gennaio 1952 e terminarono a fine febbraio dello stesso anno. Inaspettatamente quell’anno a Pavia non nevicò – la neve era un elemento essenziale dell’ambientazione scenografica – e «tutta la neve che si vede nel film è artificiale, a tonnellate»

 

 

Le Location del Film

 

  • La via dove De Carmine (Rascel), uscito dalla festa dove ha potuto ballare con l’amante del sindaco, si incammina fischiettando verso casa è il Passaggio tra Via Cardano e via Porta Calcinara.

 

  • De Carmine sul ponte viene rapinato del cappotto nuovo da uno sconosciuto.
    Ponte Ticino (lato del Borgo)

 

  • La via decorata a festa per la visita di un’alta personalità, percorse dal codazzo di politici è Via Garibaldi slargo con via Langosco.

 

  • Dalla via laterale S. Giovanni in Borgo la carrozza funebre tenta di passare ma viene bloccata.

 

  • La piazza del comizio attraversata dal carro funebre dove giace il De Carmine è Piazza San Teodoro.

 

  • Il retro della piazza (un palazzo signorile che nel 900 era un famoso bordello di Pavia: la cosa buffa è che è situato di fronte alla basilica di San Teodoro).

 

  • l municipio dove lavora De Carmine (il portone a sinistra), all’esterno del quale incontra i soliti due vecchini.
    Piazza del Municipio.

 

  • La via dalla quale il sarto (Cali) “spia” De Carmine (Rascel) mentre sfoggia orgoglioso il cappotto nuovo è via Lunga.

 

 

Il film, nonostante non ottenne successo a Cannes, fu elogiato dalla critica Nazionale ed Internazionale. «Il cappotto fu – secondo G Mauriac del Figaro Littéraire – la sola vera rivelazione del Festival di Cannes. Un attore ammirevole, Renato Rascel, che si ispira a Chaplin, con una delicatezza ed una invenzione nuovissima». Il noto critico francese Georges Sadoul scrisse sulla rivista Écran: «Questo bellissimo adattamento de Il cappotto è perfettamente interpretato da Rascel che si rifà alla migliore tradizione chapliniana. La raffinata messa in scena ha il merito di non perdere mai la contemporaneità ed il calore umano». Elogi anche dalla critica inglese: «Non abbiamo trovato – scrisse il Daily Telegraph – nulla di più impressionante del film di Lattuada, trasportato sullo schermo con un successo completo». D’accordo anche il Times:«Il cappotto è commovente e triste, sensibile e divertente e ricorda qualcosa di Chaplin». Infine, secondo la Flandre Liberale (quotidiano belga) «Lattuada ha realizzato un vero capolavoro, nessun errore di gusto. Benché italianizzato, lo stile di Gogol è rimasto in gran parte nel film. L’interpretazione è prodigiosa, Rascel è quasi un nuovo Chaplin».

 

Ancora oggi è un film apprezzatissimo dalla critica contemporanea, «È il film più intelligente di Lattuada – scrisse il Corriere della Sera – che sia il più riuscito ed il più compatto è da discutere, ma è certo che questo regista, di educazione e di gusto letterari, ha ritrovato ne Il cappotto la sua più spontanea ispirazione, strappandosi alle due tendenze che artificiosamente gli si erano incrostate addosso: il calligrafismo ed il realismo (…). Governato da una regia sottile e sorvegliatissima, ha splendidi esterni offerti dalla fotogenica Pavia, ed è interpretato da Rascel con una aderenza esemplare al personaggio. Sarà difficile d’ora in poi pensare alla schiavitù del burocrate chiuso nel guscio di una esistenza meschina senza rivedere idealmente nell’espressione pavida del volto di Rascel quella dell’uomo nato e vissuto nel segno della sconfitta».Nel 1995 il Museo nazionale del Cinema di Torino, presso il quale era custodito il nitrato originale della pellicola, ha proceduto al restauro del film per garantirne la conservazione.

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