L’Ucraina produce grandi donne? L’Ucraina è oggi un grande Paese dalla storia travagliatissima, e non si può capire bene la sua popolazione femminile se non si conosce ciò che è successo a questo Paese europeo, perché va detto che è europeo, forse di più o almeno tanto europeo quanto la Russia. Vi sono stati continui rimbalzi di sovranità tra quello che fu definito “il granaio d’Europa” e gli Stati confinanti: austriaci, ungheresi, polacchi, bulgari, lituani, turchi, i sempre presenti russi, e poi mongoli, addirittura svedesi… Insomma, una terra che ne ha viste di tutti i colori e le donne, divinità ctoniche, non possono non aver maturato una certa versatilità e cosmopolitismo a causa di queste continue contaminazioni. Nell’infosfera, riconosciamo oggi numerose figure femminili ucraine dovute alla bellezza, ma poche sui tanti piani del successo nella società. Con l’eccezione delle arti, musica e danza a farla da padrone, ma anche cinema (Milla Jovovich) e arti figurative (Svitlana Grebenyuk).
Tra queste, nel 1978 nasceva a Brody una bambina mora, Oksana, da una famiglia di musicisti, i Lyniv. Pochi anni dopo, il 26 aprile 1986, a poco meno di 400 km succedeva la tragedia di Cernobyl, che colpiva il territorio ucraino e poi il mondo. Ancora qualche anno e l’influenza sovietica decadde, ma solo per essere sostituita, un pò più in là, da quella storica russa: era cambiato il segno, ma la soggezione rimaneva… Il grande ventre del Paese, dell’Ucraina, grande due volte l’Italia e popolato come due terzi del Belpaese, ha sempre saputo accogliere i russi, ne è intriso, ma la vicinanza ai Balcani e l’apertura pre-mediterranea sul mar Nero lascia un sottovoce di identità. Gli uomini ucraini, i detentori storici del potere (patriarcale come ovunque) in questa terra, sono quasi sempre stati o servi della Russia o alleati della Russia, per cui, quelle presenze principalmente stanziali che sono le donne, e ucraine nel caso specifico, non potendo contare sopra un potere patriarcale, maschile, istituzionale sufficientemente protettivo, di successo, si sono date da fare. Certo, non sono le (мадам) signore russe, che di diverso da loro, anche come bellezza, hanno solo maschi vincenti: rispetto alle russe hanno una logistica più aperta, sono più libere dentro quanto a stereotipi, perché a due passi, dall’altra parte, ci sono non solo turchi, gli ottomani, ma anche la grande libertà e licenza degli zingari e, soprattutto, le strade dell’Europa occidentale.
Ecco allora che le donne si muovono, abbandonano (ma non dimenticano…) i riti della terra del grano e della tradizione e cercano orizzonti aperti: studiano, si aprono al mondo, si spostano alla ricerca di altra sicurezza. Così fa Oksana: studia pianoforte, flauto, violino, canto e direzione d’orchestra e dirige per la prima volta un’orchestra all’età di 16 anni. Durante i suoi studi, diventa assistente alla direzione dell’Opera di Leopoli e, nel 2005 è assistente al direttore presso la Bamberg Symphony Orchestra, in Germania. Continua poi gli studi musicali in diversi luoghi d’Europa occidentale, ottenendo importanti riconoscimenti. Dal 2008 al 2013 è direttrice (vuole essere chiamata così, al femminile) della Odessa National Opera, in Ucraina. Poi torna in Germania e fa parte dello staff di direzione dell’Opera di Stato bavarese fino al 2017, con la direzione di importanti produzioni. Nell’ottobre 2016, fa la sua prima apparizione come direttore ospite all’Opera di Graz, in Austria, in una produzione de La Traviata. Del febbraio 2017 è la sua nomina a direttore principale di Opera di Graz e Filarmonica con un contratto iniziale di 3 anni: è la prima donna ad avere questo incarico. Nel 2020 la Lyniv vince gli Opera Awards e a marzo 2021 è direttrice ospite al Teatro Comunale di Bologna, poi dirige un concerto del maggio 2021. Il 25 luglio 2021, è la prima direttrice d’orchestra donna a dirigere al Festival di Bayreuth, nella nuova produzione del Der fliegende Holländer. Nell’ottobre 2021 il Teatro Comunale di Bologna ha annunciato la sua nomina a nuovo direttore musicale, con decorrenza gennaio 2022, con un contratto iniziale di 3 anni.
Ed eccoci freschi freschi alla sua prima assoluta in quella veste. Una bella sorpresa, in ordine con le sensazioni. L’auditorium Manzoni e pienissimo per il programma che vede i due Richard, uno dopo l’altro: Strauss e Wagner. Arrivando, incrocio lo sguardo del sovrintendente Macciardi, quello che l’ha “voluta”, a sostituire il sempreverde Michele Mariotti, quasi coetaneo della Lyniv, e già lanciato verso traguardi globali, come l’incarico quadriennale dal 2022 di direttore principale del Teatro dell’Opera di Roma. Macciardi mi conosce, ma io sono di fretta e leggo quasi tutto in quello sguardo, che raccolgo con un cenno del capo di saluto: lo sguardo dice “Ieri è andata benissimo, la scelta rimane tutt’altro che ovvia, mi fido del tuo gusto e della tua onestà intellettuale, so che non sei retrogrado, sono certo che la guarderai con occhio attento, mi saprai dire”.
Ed eccomi qui. Come collochiamo Oksana sull’asse che va da Kleiber a Muti e Richard Strauss, passando per Karajan e Lenny Bernstein? Grande esercizio! Oksana vive la musica come Kleiber: lei è felice, interpreta e galvanizza. Vista dalla parte giusta, è direttiva, ma meno di Muti, perché la sua morfologia gestuale è molto vasta e virtuosa, anche se il tocco di bacchetta è chirurgico al laser, e si vede: l’orchestra mostra sorrisi pacati, mentre tutti gli organi vengono tagliati e ricomposti senza ledere, con enorme precisione… Lei danza, nei suoni, e lo fa con la stessa classe di un usignolo: ma il movimento è quello giusto, l’indirizzo al musicista di turno è più preciso di google map. È già una guida, ciò di cui ha bisogno una grande orchestra per crescere ancora, in un quadro di sviluppo regionale (il sinodo col Regio di Parma…), nazionale (la concorrenza ad altri poli musicali forti di altre regioni), continentale (e Wagner è strategico!) e che le ambizioni personali spesso tradiscono. Lo stile bello e maturo non sarà mai, per la graziosa Oksana, la esecuzione di una direzione (mi sovviene Bernstein, ancora R. Strauss e anche Karajan…) con le sole espressioni del suo bel viso: nessuna presunzione (siamo ucraine…), tanta generosità (siamo ucraine…), chiedo rispetto (siamo ucraine…), ho dentro mezza Europa, tutta la Mittel, e anche un bel po’ d’Oriente (siamo ucraine!).
Certo, l’attrazione fatale per Wagner segna sempre Bologna. E anche in questo caso lo spirito del grande di Bayreuth ha fatto la sua, portando al Comunale una specie di protesta vivente di quanto l’Ucraina sia legata culturalmente all’Europa occidentale. Wagner, oscurato nella sua patria da tanto euro-orientalismo e russofilia, è diventato per Oksana la sua vendetta cosmopolita. E, in questo concerto d’esordio in un ruolo importantissimo per la musica in Italia, le sta bene sventolare Schopenhauer, che lega Richard Strauss “Morte e trasfigurazione” con la mitica “Die Walküre” (“Donne combattenti, come me…” sostiene in un’intervista) di Wagner. Grande lei, l’orchestra, e grandi voci wagneriane all’esordio, a Bologna, Elisabet Strid in Sieglinde e Stuart Skelton in Siegmund, genitori dell’eroe Siegfried.
“Il compito principale della musica, e dell’arte più in generale, è quello di raggiungere i cuori delle persone, ciò che viene chiamato fin dall’antichità catarsi. Quindi, un direttore e la sua orchestra raggiungono il più grande risultato in quell’atmosfera unica che si crea non appena la gente entra in sala. L’interazione con il pubblico non comincia infatti al primo suono, ma già prima, al suo ingresso in sala, in quel tempio della musica dove lo scambio è come un atto spirituale” (Oksama Lyniv).
La promessa è notevole, le sfide del futuro altrettanto.