Siamo arrivati alla fine del 2021, secondo anno dall’inizio della pandemia, secondo inverno all’insegna della paura, del contagio, della distanza e dell’isolamento.
Succederà che, tra qualche tempo, considereremo il COVID 19 una malattia come l’influenza, prendendo a riferimento la famosa influenza Asiatica, che negli anni 1957-1960 fece 4 milioni di morti e solo grazie al vaccino creato in un anno, si riuscì a contenere la malattia.
Succederà che il COVID 19 diventerà un virus endemico, anche se non sappiamo quando, e in questo vuoto di tempo tutto viene ritardato, congelato e la ripresa sociale, emotiva, economica e mondiale ci sembra ancora un punto faticoso da raggiungere.
Il nuovo obiettivo è quello di pianificare l’emergenza anche se non raggiunto e dobbiamo, in questo fine anno e nuovo inizio, ancora una volta porgere omaggio a tutti gli operatori sanitari, ai medici, e a chi di loro ogni giorno è sul fronte di questa guerra endemica.
Conosco molti medici, oltre che numerosi specializzandi, numerosi infermieri, conosco le loro fatiche, le loro speranze, i turni massacranti per mancanza di personale, la loro etica e deontologia professionale, e li ringrazio per il loro impegno, anche se questo non è mai abbastanza.
Mi è piaciuto in questi giorni parlare con il Dott. Alessandro Risaliti, Medico Chirurgo specializzato in Anestesia e Rianimazione, che dal primo lockdown ha sviluppato e maturato una diretta competenza ed esperienza nel campo della prevenzione e della cura del Coronavirus.
Ha lavorato nella struttura specialistica temporanea allestita alle OGR di Torino, e in una RSA di Front Canavese (TO), dove sotto la sua guida, ha attivato una serie di misure preventive evitando straordinariamente ogni tipo di contagio in un periodo in cui, proprio nelle RSA si contavano i numerosi decessi.
Dott. Alessandro Risaliti COVID 19 cosa è stato per lei?
“Questi sono stati due anni che non saranno facilmente dimenticati grazie all’avvento di uno sconosciuto virus di origine animale, proveniente dalla Cina, che ha causato una malattia infettiva respiratoria. Le contromisure che abbiamo adottato sono state fondamentalmente due: farmacologiche ed isolamento. Chi era presente nel 2020 come medico, legato a quel tempo all’Ospedale da campo Giovanni Bosco, supportati dall’aiuto dei colleghi cubani, che sempre nella storia hanno affrontato pandemie di ogni genere, come Ebola ed Antrace, e dallo scambio e condivisione di notizie scientifiche a livello mondiale, sa che tutto questo ci ha permesso di ottenere un risultato ineguagliabile nella città di Torino e nella sua Provincia. Nel giro di 4 mesi siamo passati da mille passaggi positivi sintomatici con 100 posti letto, con 80 letti più 20 di terapia intensiva, a 1000 passaggi con 998 negativi. Un super successo che ha portato la città di Torino a gratificare i colleghi cubani dandogli la cittadinanza italiana ad honorem. “
Come ha vissuto quel periodo?
“La mia esperienza personale è stata quella di portare i protocolli utilizzati presso la mia RSA di Front Canavese di 50 ospiti, rimasti tutti negativi fino alla fine del 2021. L’avvento del vaccino ha fatto si che ci fosse un cambiamento radicale. Concludo dicendo che questa è una guerra globale senza precedenti e che l’umanità sta affrontando lo stesso nemico: il COVID-19. Il primo campo di battaglia è l’ospedale e i nostri soldati sono gli operatori sanitari. Per garantire che questa guerra possa essere vinta, dobbiamo prima assicurarci che al nostro personale medico siano garantite risorse sufficienti, compresa l’esperienza e tecnologie all’avanguardia. L’ospedale è il campo di battaglia dove eliminiamo il virus e non dove il virus ci sconfigge. Questa pandemia è una sfida comune affrontata dall’umanità nell’era delle globalizzazione. In questo momento condividere risorse, esperienze, lezioni, indipendentemente da chi sei, è la nostra unica possibilità di vincere al meglio.
Dott. Alessandro Risaliti vorrei con lei andare oltre l’esperienza acquisita in questa battaglia pandemica e chiederle cosa significa Medicina dei Disastri?
“Gli specialisti della Medicina dei Disastri hanno una formazione in una serie di aree diverse che consente loro di fornire una risposta immediata come la legge marziale, la mancanza di energia elettrica, la mancanza di accesso alle strutture mediche e così via. Noi specialisti pianifichiamo in anticipo lavorando allo sviluppo di strumenti con unità mobili di emergenza in grado di rispondere automaticamente ad una scena del disastro installando tende per sopravvissuti, pronto soccorso e così via.”
Se la cultura della catastrofe, che si è imposta nel mondo culturale e scientifico negli ultimi 20 anni, dopo gli attentati di New York , Madrid e Londra, fosse più diffusa, l’effetto di eventi avversi racchiusi in problematiche organizzative, sociali, economiche e morali, sarebbe minimizzato e si dovrebbe preparare sempre più la popolazione, così come i medici di base, formandola in modo da gestire le prime operazioni idi salvataggio che sono le più cruciali.
Virginia Sanchesi
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