Attualità

Il Veglione del disincanto

Riflessione dello scrittore Fabrizio Uberto

Tripudio, botti, consuete esplosioni d’entusiasmo. E poi ancora miliardi di auguri in stucchevoli chat, con le solite diciture ” Tanta serenità, ogni felicità, che sia un anno migliore ecct…”
Perché bisogna proprio dirle queste cose, non si può essere “politicamente scorretti” e dunque avanti, accettiamo, sia pure “obtorto collo”, la convenzione e il luogo comune.
In realtà sotto la cortina fumogena di questa artificialità, in molti hanno fiutato sull’incombente nuovo anno l’alito del “disincanto”. Troppe volte abbiamo sentito quelle tiritere, troppe volte abbiamo sperato che la notte di San Silvestro ci regalasse un anno migliore. Ma che cos’è in realtà il futuro, se non l’oggi, il contingente, il momento esatto del nostro agire? Qui dovremmo incidere, qui dovremmo correggere criticità e aprire il nostro ” Io” a quel “Noi”, purtroppo ancora carente nella nostra società. Si pensi ad esempio alla deprecata pandemia. Abbiamo sperato ( meglio dire ci hanno fatto sperare) che i vaccini sarebbero stati la panacea e che, grazie a loro, avremmo potuto lasciarci alle spalle questa sgradevole esperienza collettiva. E indiscutibilmente i vaccini hanno fatto la loro parte, evitato la terapia intensiva ed esiti spesso letali. Ma per il resto? I contagi sono decisamente aumentati rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Alcune regioni sono già in giallo, diverse rischiano di tornare in arancione. Ed allora via a misure sempre più stringenti, regolamentazioni e decreti di ogni sorta. Ma mi domando: si può forse regolamentare il buon senso? Perché è evidente che se ci sono ancora, a due anni dall’inizio di questa iattura, migliaia di contagi, ciò dipenda non solo dal fatto che circa sei milioni di scriteriati continuino a rifiutare la vaccinazione. Ma anche da sconcertanti deficit di prevenzione da parte delle autorità preposte, e soprattutto, da comportamenti individuali che insistono a non osservare quelle precauzioni che da anni vengono raccomandate, o a non rinunciare ad attività ludiche ad alto rischio di contagio. La “comunità del superfluo” in altre parole, non ce la fa proprio a sacrificare ad esempio gli inebrianti riti del Tango, della Biodanza o di altre discipline New Age, come anche all’ebbrezza degli osannati veglioni di Capodanno. Ciò detto, potremo anche iniettarci un’infinità di vaccini ma fin tanto che il senso civico continuerà a latitare, il rischio è di restare “ad eternum” in questa logorante situazione.
Dunque ieri sera in molti ci siamo sentiti sdoppiati: mentre una parte di noi ripeteva meccanicamente festeggiamenti di maniera, un altro sé realizzava una sfiducia di fondo in possibilità di resipiscenza collettiva, relegando alla sola individualità la salvaguardia di se stessi, in nome del noto spirito di auto- conservazione. Dimentichi però di quella piccola verità, titolo di un noto romanzo della Mazzantini, per la quale, alla fin fine, ” Nessuno si salva da solo”.

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