Davanti all’immagine della Natività, dovremmo chinare il capo e riflettere. Il bambino chiede affetto: è situato in un ambiente umile, ma è con la sua famiglia e questo è rilevante. Se sapesse quello che diventerà, dovrebbe giacere in una culla, all’interno di una reggia, invece questo “rifugio”, dopo molte ore alla ricerca, è, per loro, un “miracolo”.
Notizie su notizie ci stanno mettendo con le spalle al muro: siamo fragili e forti insieme. Il Natale è preghiera, ma una preghiera che venga dall’anima e non il partecipare alle funzioni religiose, perché si è credenti ed è di tradizione. Quelle, possibilmente, devono essere parte della vita cristiana, ma non solo: guardiamoci in faccia e selezioniamo bene quello che dobbiamo dire e no. Ormai, offendiamo senza, forse, esserne consapevoli. Scambi unachiaccherata e la metà di quello che ti viene detto è falso o raggirato. Cosa ci ha insegnato e ci sta insegnando questo sacrificio mondiale, che è il Covid19? A essere più egoisti. Non tutti: alcune persone che erano già “belle”, ora sono “bellissime”. Parlo di coloro che mettono in atto le loro forze per fare del Bene alla comunità. A Pavia, ne abbiamo tantissimi, ma anche nei paesi di Provincia. Conosciamoli e cerchiamo di ispirarci a loro. Prendiamo, metaforicamente, in braccio quel bimbo, che si scalda nella paglia, e dimentichiamoci di alcune angherie che, forse, per terrore, commettiamo, promettendoci di pensare meglio quando agiamo.
Il Natale è anche riflessione: pensare molto non giova alla salute, ma essere superficiali nemmeno. Complicata la via di mezzo? Sì, eccome, ma, se tutti contribuiamo, possiamo farcela.