Cultura e Musica

Un viaggio cartaceo lungo 35 anni

Consigliata, recensita nei migliori dei modi e acclamata dall’ amica Barbarah Guglielmana, presente in uno degli scatti, Grandangolo è l’esposizione fotografica avente, per soggetto la città di Pavia e alcuni paesi della provincia, con ritratti di persone e di fatti, sia quelli di cui essere fieri, sia quelle pagine che non avremmo voluto inserire nell’archivio pavese. Un esempio? Lo scatto che incornicia il Duomo di Pavia, affiancato dalla maestosa Torre civica. Esso sarà stato prodotto prima di quel tragico 17 marzo 1989, e, attorno ad esso, le fotografie della tragedia, in un formato più ridotto, ma di notevole impatto, soprattutto per coloro che all’epoca erano presenti, anche a distanza, ma che hanno sentito quello che venne definito un boato.

 

La prima sala dello Spazio Arti Contemporanee del Palazzo Broletto è tinteggiata in bianco e nero, poiché, non appena entri, scambi qualche parola con il gentilissimo addetto alla sicurezza, ma sei già coinvolto, o, forse, travolto, da: volti, edifici e slogan e con le sfumature accentuano l’intensità di alcune cronache, come la liberazione di Cesare Casella, risalente al 1990, quando, dalla Calabria, il ragazzino arrivò a Pavia, dopo essere stato sequestrato per due lunghi anni. Quel caso scosse l’Italia e l’ormai uomo, ancora oggi viene intervistato, poiché, purtroppo, anche negli anni successivi, di fatti simili ne accaddero in un’indegna quantità.

 

 

Non si contano le manifestazioni dedicate alle fabbriche più note della città: la Necchi tra le prime. Oggi, quell’area è oggetto di riqualificazione, poiché non si merita di essere un nostalgico cimelio. Negli anni del cosiddetto boom economico, Pavia, come molte altre città, offriva molti posti di lavoro.

 

 

Quando ti rechi nelle altre sale, sei catapultato in un altro universo, che ti stacca dalla realtà, in cui vorresti starci per scordare questo caotico presente, anche se, come citato in precedenza, non tutti gli scatti conservano un evento festoso: sei consapevole che questo è passato e, comunque sia, molti di quegli eventi hanno avuto un esito positivo. A proposito di positivo, che, in questo caso, avrebbe un’accezione negativa, è possibile scorgere, sull’ultima parete, uno scatto di due, forse, infermiere, sorridenti, ma coperte da visiere e da camici spessi, per proteggerle dal nuovo nemico, il COVID-19. Lo scatto, infatti, risale alla prima ondata di contagi, quando gli eroi di oggi cercavano di guarire, senza le conoscenze e i mezzi appropriati, i primi casi, spesso gravi. Ammetto che osservare questi scatti non sia stato facile: siamo coinvolti e non riusciamo ad osservarli in modo critico, anche se un applauso è il minimo che dobbiamo al personale sanitario, sia nazionale sia coloro che ci hanno fornito aiuto dall’estero.

E ci si perde nei sorrisi dei cantanti locali: Drupi e Max Pezzali, tra tutti, Scoviamo una giovane Patty Pravo, mentre si stava esibendo in una delle discoteche storiche della città, ma anche della provincia: gli anni Sessanta e Settanta furono ospitali nei confronti di molti artisti, già in carriera, che, oggi, li ambiremmo ad avere nella zona.

 

 

Non mancano i primi shooting di modelle, dalla bellezza e sensualità genuina: uno sguardo era più magnetico dei numerosi tatuaggi che si ostentano in questi anni: quarant’ anni fa, quelle persone spiccavano di quell’energia e fiducia nel futuro, che le distingueva dalle giovani di oggi, già demoralizzate appena dopo il conseguimento del diploma di maturità, per conquistare numerosi diritti, che, attualmente, non consideriamo più un privilegio.

È ora di uscire e, con molti dubbi, non sarò riuscita a vedere tutto quello che avrei voluto, ma è anche questo il bello del gioco che Paolo Torres invita a svolgere: l’occhio e la memoria umana possono contenere fino a un certo numero di dati. Sono comunque soddisfatta, curiosando, con attenzione, quella miriade di voci silenziate, che mi chiamavano. L’unico dispiacere è che di molte scene, ho memoria attraverso i racconti di genitori, nonni, amici e insegnanti: con il loro contributo, riesco a comprendere le loro sensazioni e i valori che li vedono protagonisti di cortei. Molti principi li abbiamo studiati sui banchi di scuola e, attraverso anche le potenzialità dell’immagine, non devono andare persi. Con onore, le nuove generazioni hanno il compito di comunicare con quelle precedenti.

 

 

Questa è un’occasione per farlo, anche come uscita didattica, li fa partire per un viaggio, che li coinvolge a 360°, come l’osservazione delle stanze, adibite a un museo più unico che raro.

 

 

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