La neve cadeva copiosa, con molta precisione e con pazienza certosina, andava ad imbiancare ogni centimetro rimasto libero sull’asfalto. I colli ammantati di bianco risaltavano anche nel buio, illuminati dalle luci delle casette abbarbicate e dai fari delle auto che ancora, quella sera, circolavano per gli ultimi acquisti e gli spostamenti dai parenti e dagli amici.
In quel tratto di autostrada, gran parte del percorso era stato costruito proprio sul fianco dei colli, come una spina dolorosa, che comunque, ha sempre resistito sia al traffico delle auto sia dei mezzi pesanti.
Le informazioni, trasmesse dalle varie emittenti radiofoniche, consigliavano di non mettersi in viaggio sino dopo a Santo Stefano, quando le condizioni meteorologiche sarebbero migliorate. Era quindi implicito che, per muoversi, dovevano esserci solo situazioni importanti.
Anche Samuele, il giovane casellante di Castelalpino Nord, ascoltava i medesimi consigli; eppure, dal suo gabbiotto, constatava che parecchi automobilisti non avevano dato peso al peggioramento del clima e il traffico era quello usuale delle festività. Il ragazzo, ormai di prassi con gli “ultimi arrivati”, era al lavoro in quei giorni, vicini al Natale, e prese servizio alle nove di sera, per smontare alle sei del mattino seguente. Iniziò un’ora prima, per far sì che il collega potesse trascorrere la Vigilia, con moglie e figlio, dopo parecchi anni.
“Ma dove vanno sti matti?” pensò dentro di sé. Sistemò i suoi averi in un cassettino, prese il termos del caffè dallo zainetto e se ne servì una tazza calda, forte e ben zuccherata, prima di iniziare ufficialmente il turno. Infilò un paio di fumetti sempre nel cassettino, da leggere in caso di noia. Gli sarebbe piaciuto proprio vedere quegli “avventurieri”, che se ne sarebbero andati in giro, la notte di Natale, alle tre o alle quattro del mattino.
Era trascorsa un’ora: pochissimi veicoli erano transitati e la neve non aveva smesso di scendere, anzi ancora più persistente. Infittiva la coltre sul tratto stradale e sul paesaggio intorno.
Uscì e andò nel piccolo parcheggio riservato ai dipendenti, per liberare un po’ la sua piccola utilitaria dalla neve, in modo di poterla ritrovare al mattino: operazione che avrebbe dovuto svolgere con frequenza, considerando le condizioni-meteo. Stava pulendo il lunotto, quando sentì il telefono di servizio squillare! Entrò, trafelato, nel gabbiotto e prese subito in mano la cornetta.
“Castelalpino Nord!” rispose, quasi senza respiro.
“Castelalpino! La bufera di neve, anziché diminuire, ci sta mettendo in difficoltà sull’intero tratto autostradale! Abbiamo chiuso tutti gli ingressi ed i mezzi spazzaneve entreranno in azione non appena la visibilità sarà sufficiente a consentire un lavoro efficiente! Probabilmente, vedrai arrivare delle auto sia in un senso che nell’altro! Ormai erano dentro e non siamo riusciti a bloccarle! Pensaci tu e informaci costantemente! Altro che notte di Natale… sarà un incubo!!!”
Samuele aveva ascoltato, senza interrompere, “l’alluvione” di parole del Responsabile che, dalla Sala Controllo dell’Autostrada, lo aveva contattato. Gli risuonava nelle orecchie ancora la voce del collega, quando vide avvicinarsi, da lontano e da entrambe le direzioni, i primi fari di alcune macchine, lente sotto la bufera. Si mise di nuovo la giacca a vento, di due taglie più grandi, che quasi gli faceva da cappotto.
Samuele era sempre stato un biondino esile, soffrendo soprattutto il complesso dell’altezza. Dimostrava meno dei suoi ventisette anni e tutti lo scambiavano per un ragazzino, un minorenne, soprattutto quando era alla guida della sua auto. Spesso, Polizia e Carabinieri lo fermavano per controllare l’età e il possesso della patente automobilistica, ma, una volta constatato che fosse più che maggiorenne, lo facevano ripartire senza dirgli altro. “Samu”, come lo chiamavano gli amici, sii imbarazzava ogni volta come fosse la prima.
Le auto si fermarono vicine al casello. I pannelli luminosi, ormai, sentenziavano che l’Autostrada era chiusa in entrambe le direzioni e raccomandavano di informarsi, chiamando il numero verde d’emergenza, segnalato sulla stessa lavagna.
Samuele vide scendere, da una Berlina, un uomo, bardato con cappotto e sciarpa. Le scarpe, non indicate per la neve, gli fecero fare una leggera scivolata, ma il tipo mantenne l’equilibrio e gli sembrò di percepire, infagottato dalla sciarpa, un impropero! Finalmente a tu per tu l’uomo, sulla sessantina, ben distinto, dall’alto del suo metro e ottantacinque, sbottò verso il ragazzo…
“E’ il finimondo là fuori!! State facendo qualcosa? Io devo andare all’aeroporto per un volo diretto a Parigi! Sono un medico e devo partecipare ad un importante Congresso!”
Samuele lo guardò dalla sua piccola prospettiva ma non si fece sopraffare o intimidire! Gli rispose fermamente:
“L’autostrada è stata chiusa proprio per la sicurezza delle persone, ma alcune hanno intrapreso comunque uno spostamento. È tutto il giorno che i bollettini meteo consigliano di non mettersi in viaggio! Gli spazzaneve ed i mezzi di soccorso sono già stati allertati e, quando rallenterà la bufera, saranno pronti a raggiungerci!”
Il dottore non si aspettava una reazione posata, ma di polso da parte del ragazzo. Volle comunque dire la sua: “Lei non può fare nulla? Siamo circa cinque o sei automobili bloccate ed è la Notte di Natale!” chiese, quasi con supplica, il medico che, ora, aveva perso la grinta iniziale.
“Se potessi comandare la Natura, ora, avremmo una luna che brilla e rende più magica la Notte, ma non sono nemmeno Mosè: non posso spartire né le acque, né la neve!”.
Dall’interno del casello si vedevano avvicinarsi gli altri automobilisti bloccati. Sicuramente anche loro cercavano un chiarimento e, se possibile, un modo per tutelarsi dal freddo intenso.
Una coppia di anziani che raggiungeva i figli in città, il medico e sua moglie, tre operai di una ditta per l’energia elettrica, che avevano sistemato un guasto improvviso nel paese vicino, un ragazzo che guidava un vecchio fuoristrada ed una coppia molto giovane che non era ancora scesa dall’auto, ma che, vicinissima al gabbiotto, sembrava stesse discutendo o comunque fosse molto nervosa.
La neve continuava noncurante la sua discesa al suolo. A Samuele venne in mente che il piccolo magazzino, a fianco dei due gabbiotti, aveva delle stufette elettriche e poteva, senza troppi lussi o agi, contenere circa una decina di persone. La sua attenzione era rivolta soprattutto alle donne: la signora anziana, la moglie del dottore e la giovane fidanzata. Informò gli astanti su come li avrebbe accolti e che, quindi, non sarebbero rimasti nelle auto, a sprecare benzina per il riscaldamento acceso, ma che avrebbero goduto di un qualche ristoro.
Mentre il Dottore manteneva il suo distacco da status sociale ed accademico verso gli altri, i tre operai ed il giovane, con il fuoristrada, aiutarono Samuele a sistemare nel miglior modo possibile quel magazzino, diviso in due stanze ed un piccolo bagno.
Quando fu tutto a posto e ci misero veramente poco, la coppia anziana fu la prima ad essere accolta. I due ringraziarono il ragazzo, stringendogli la mano e con carezze delicate sul viso, quelle carezze che solo i nonni sanno fare; poi, entrarono il medico e sua moglie, una donna graziosa nei tratti e gentile modi, molto differente dal marito. Solo la coppietta di ragazzi era rimasta in auto, continuando a discutere, anzi solo il ragazzo parlava, agitato, mentre la ragazza rispondeva solo con smorfie di dolore. Samuele si avvicinò alla macchina per sincerarsi che tutto stesse andando bene. Bussò al finestrino dalla parte del guidatore. Il ragazzo abbassò il vetro e disse tra l’agitato e l’impaurito:
“Non vuole scendere, ha paura! Sono iniziate le doglie e la stavo portando in ospedale! Aiutateci!!!” La richiesta del ragazzo si faceva disperata! Non dovevano avere più di vent’anni: lei con i capelli lunghi e neri, che incorniciavano due occhioni scuri, che esprimevano sofferenza; lui, un ragazzo con i capelli castani, lunghi e uno sguardo, che non nascondeva ogni sconforto possibile,
“Non puoi restare qui” disse Samuele alla ragazza “vieni dentro al caldo. Si è fermato anche un medico e potrebbe esserci di aiuto. Se resterai qui, non gioverà né a te né al bimbo”.
Le parole di Samuele ebbero un effetto tranquillizzante sulla ragazza. Scese dall’auto e sorretta da entrambi i ragazzi, camminò faticosamente sotto la tormenta sino ad arrivare al piccolo magazzino, trasformato in rifugio. Come la videro, gli altri le fecero posto su di una sedia e Samuele si rivolse al medico
“Ha le doglie, stavano andando in ospedale, quando sono rimasti bloccati: l’aiuti!
Fu interrotto dal fidanzato della ragazza, che intervenne con foga: “Doveva nascere a fine anno il bambino, ma, quando le ho detto che ho perso il lavoro, è iniziato tutto!” raccontò il ragazzo, che non sapeva se piangere, sentirsi male o cercare di reagire.
Il medico impallidì e guardando la moglie come per cercare conforto disse: “Sono anni che non esercito più la professione: insegno all’Università e partecipo attivamente ai congressi, ma…” ora la voce dell’uomo non era più arrogante.
“Sei sempre stato un bravo medico “, lo soccorse la moglie “adesso saprai esserlo ancora… ti aiuterò anch’io!”
“Non hai mai assistito ad un parto! Non sai cosa…” cercò di replicare il medico, ma la donna lo interruppe
“Ho partorito i tuoi tre figli! Non saprò assistere, ma ricordo bene cosa si prova!” e con questa risposta fulminea, l’uomo abbozzò in silenzio.
La donna anziana, che aveva ascoltato in silenzio, alzò la mano per farsi notare e disse con voce timida “La mia mamma era levatrice. Qualcosa mi ricordo di quello che mi raccontava e, anche io ho avuto due figli.”. Il marito, Ernesto, con espressione orgogliosa e attorniata da rughe che raccontavano le fatiche di una vita, confermò che la sua Teresa poteva essere di aiuto.
Samuele si ricordò che tempo addietro, un’ambulanza aveva lasciato al casello dei lenzuoli sterili confezionati: andò a prenderli nell’armadietto del piccolo bagno, insieme alla cassetta del pronto soccorso:
“E’ tutto quello che ho!” disse il ragazzo, emozionato e scosso allo stesso tempo.
“Vado ad avvisare la Centrale, affinché possano darci priorità rispetto agli altri caselli”.
Detto questo, “volò” praticamente sulla neve per recarsi a contattare l’Unità di Crisi. Le comunicazioni con i cellulari erano saltate, per il maltempo, e solo le trasmissioni via radio erano le uniche a funzionare. Da una trasmittente, sempre tenuta sotto carica, Samuele contattò il Responsabile:
“Qui Castelalpino Nord, passo!”
“Avanti per Castelalpino Nord” rispose l’operatore.
“Vi comunico che i passeggeri delle vetture ferme per neve stanno bene e sono ricoverati presso il piccolo magazzino. Abbiamo stufette e bevande calde. L’unica situazione critica è una donna in travaglio: la sta affiancando un medico, ma allertate subito un’ambulanza, che arrivi il prima possibile, passo”.
“Ricevuta richiesta di priorità. Allertiamo subito anche personale sanitario, passo e chiudo”
Samuele si sedette sullo sgabello. Cercava di tenere la situazione sotto controllo, rimanendo con la mente lucida. Certo quel frangente sembrava surreale: stava capitando tutto a lui, nuovo del lavoro, da un disastro climatico sulla testa a una piccola vita che aveva deciso di nascere quella notte. Lo distolse dai pensieri il giovane, che era arrivato sul vecchio fuori strada.
“Hey, tutto a posto?” la voce del giovane, evocava tranquillità.
“Si, tutto a posto… per adesso…”
“Di là tutto in ordine, il medico ha spedito fuori il futuro papà, perché troppo agitato. Gli fanno compagnia i tre tecnici e l’omino anziano. Sono tutte brave persone…” lo informò il ragazzo.
“Bene”, rispose sollevato il piccolo casellante, “ora cerco un po’ di monete per la macchinetta delle bevande calde” e controllò nelle tasche dei pantaloni e, poi, nel giaccone, ma recuperò ben poco. Poi guardò la cassa dei pedaggi e disse:
“Se vale ancora la legge che lo stato di necessità è superiore allo stato di diritto, non mi accuseranno di furto! Tanto poi restituisco tutto” e prese un buon numero di monete dal cassetto, per garantire bevande e snack per tutti. Il ragazzo del fuoristrada sorrise e, dandogli una pacca sulle spalle, lo rincuorò “Ti do una mano a distribuire le vivande”
Dallo stanzino adibito a sala parto, si sentivano i lamenti della ragazza, l’incoraggiamento delle donne e le direttive del medico: la nascita, ormai, era imminente.
Gli uomini rimasti nella stanzetta a fianco attendevano e, per non farsi impressionare dai gemiti di dolore della futura mamma, scambiavano chiacchiere tra di loro. Uno dei tre operai chiese al ragazzo del fuoristrada, che si chiamava Emanuele, cosa ci facesse in giro quella notte, da solo.
“Io vivo per strada, viaggio da solo, non ho un posto fisso dove vivere e mi mantengo facendo lavori saltuari, quando mi permettono di farlo, magari pagandomi in cibo e vestiario, riesco sempre a racimolare qualcosa per la benzina e ringrazio anche quelli che mi cacciano… sempre con il sorriso” raccontò il giovane tra lo stupore dei presenti.
“Non hai una tua casa?” gli domandò il pensionato, sorpreso.
“La mia casa è il mondo, la mia famiglia la gente…”
Iniziò a raccontare le sue avventure, quando la luce incominciò a spegnersi ed accendersi ad intermittenza. La bufera di neve stava mettendo in crisi anche il sistema elettrico, ma la fortuna di avere tre tecnici, sul luogo, in quel momento, rese il problema provvisorio. Recuperarono dalla camionetta un generatore di corrente e, sotto la neve, che prendeva a schiaffi i loro volti, riuscirono a ripristinare la luce nel magazzino. Giusto in tempo per sentire il primo vagito del bimbo che, a pieni polmoni, annunciava al Mondo di essere nato!
Davide, il padre del bimbo, scoppiò in un pianto liberatorio e di gioia, mentre un applauso da parte di tutti gli altri accompagnavano la felicità di quel lieto evento…ed era appena passata Mezzanotte.
La giovane Miriam ed il suo bimbo, avvolto in sciarpe ed un maglione e a cui avevano dato il nome di Samuele, riposavano tra le braccia di Davide, seduti a terra ed avvolti dalle coperte della Società stradale. Marco e Susanna, il medico e sua moglie, erano abbracciati come non lo facevano da anni, sorpresi da quella notte che stava trascorrendo e che aveva cambiato il loro approccio alla vita ed alla solidarietà. I due nonni guardavano con amore e stupore il piccolo, che tanto aveva fatto per arrivare giusto in tempo per Natale.
Dentro il casello, Samuele informava via radio che il bimbo era nato, stava bene, ma che sarebbe stato opportuno portare subito lui e la madre in ospedale. Dalla Sala operativa, gli comunicarono che la bufera di neve si era notevolmente affievolita cinque chilometri prima del casello e che gli spartineve, insieme ai mezzi di soccorso in coda, erano partiti finalmente in loro aiuto. Samuele ne ebbe la conferma, perché da lontano, tra un fiocco di neve e l’altro, intravide piccole luci blu, avvicinarsi un poco alla volta.
Giovanni, Matteo e Luca, i tre tecnici, avevano recuperato dal loro mezzo, un paio di panettoni regalati dall’Azienda. Tagliarono fette generose e le distribuirono a tutti, accompagnate da un bicchiere di cioccolata calda. Era Natale e si doveva festeggiare.
Ora, Samuele poteva sciogliersi in un pianto liberatorio. La tensione di quella notte era stata così pressante che si sentiva invecchiato di trent’anni! E pianse sino all’arrivo finalmente dei mezzi di soccorso. Stavano tutti bene, compreso il suo piccolo omonimo, che, a sua volta, portava il nome di suo nonno. Egli, insieme a sua moglie Rosa, lo aveva allevato venti anni prima, dopo la morte repentina dei suoi genitori.
L’ultimo spartineve aveva pulito il piccolo piazzale antistante al casello. Tutti erano ripartiti: in primis, l’ambulanza con la nuova famigliola, poi la coppia di nonni, Teresa ed Ernesto. Solo Emanuele era rimasto sino all’ultimo: aveva aiutato i tre tecnici a smontare il generatore, poiché la luce era tornata stabile.
Samu gli riempì lo zaino di merendine, bibite ed anche qualcosa per la benzina.
“Posso darti solo questo al momento, non è molto ma è tutto quello ho. Mi hai aiutato molto stanotte, sei stato un punto fermo!”
Emanuele sorrise. Il sorriso di Emanuele aveva il potere di calmare le persone e tranquillizzarle, aveva una dolcezza negli occhi a cui era impossibile sfuggire. Samuele l’accompagnò sino al vecchio fuoristrada. Il ragazzo salì, abbassò il finestrino e strinse forte la mano del giovane amico
“Caspita, che nottata! Me la ricorderò per sempre!” Esclamò Samuele ridendo, ormai sicuro che fosse andato tutto bene
“Anch’io me la ricorderò… una delle più belle che abbia vissuto, nonostante la situazione” poi accese il motore, mise la cintura e si girò nuovamente verso Samu che prima di salutarlo gli disse:
“Sai, mia nonna Rosa afferma che quando nasce un bambino significa che Dio non si è ancora stancato degli Uomini…” e lo disse con espressione beata.
“Tua nonna è una donna saggia…” rispose Emanuele partendo e lasciando dietro di sé Samu, che lo salutava sbracciandosi come si saluta un vecchio amico.
Emanuele sorrise di nuovo: “E’ vero…non mi sono ancora stancato di voi” e quel sorriso lo ammantò di luce fulgida e celestiale.