Come spesso mi accade, soprattutto in questi momenti uggiosi, sogno ad occhi aperti, ascoltando una qualche canzone o sfogliando immagini, più o meno recenti, ma che riguardano l’epoca “pre-Covid19”.
Berlino non la conosco di persona, ma è mi ben visiva sui libri di storia, miei e dei ragazzi che seguo a lezione. Berlino non è una città storica: Berlino è la storia.
Non è antica come Roma, ma le vicende che tutti conosciamo o dovremmo conoscere le conferiscono tanto dolore quanto tanto onore.
Il re Federico II, nel XVIII, secolo, delegò, ai migliori artisti, la costruzione di maestosi monumenti, come l’Opera, la Biblioteca reale e l’Università, e, dopo la sua scomparsa, fu eretta la Porta di Brandeburgo, oggi simbolo di Berlino.
Proprio nel gennaio dello scorso anno, scoprii, durante una serata musicale in Università, a Pavia, il significato di Futura, una di quelle canzoni che, genere a parte, una volta ascoltate, non puoi dimenticarle. Futura è il nome di una bimba, metafora di una rinascita, dopo l’incontro di due giovani, al Checkpoint Charlie, ovvero il punto in cui la città venne divisa dal Governo, in Berlino est e Berlino Ovest. L’amore, però, si sa, non conosce Leggi e i due, a loro rischio, si incontrano e il sentimento vince su tutto. “Chissà, chissà domani…”
ecco, il domani arrivò il 9 novembre 1989. Il brano, invece, è stato pubblicato nel 1980 e quel Muro, resistente, non faceva trapelare luce. Occorrevano permessi speciali per raggiungere una parte o l’altra della città. Assurdo, ma nessuna fantasia.
https://www.youtube.com/watch?v=k4a6P5su7RY
Il primo luogo che visiterei a Berlino sarebbe proprio quell’angolo, in cui il cantautore, Lucio Dalla, si sedette e osservò quei ragazzi, pieni di fiducia, dopo aver conosciuto ilsignificato della guerra sulla propria pelle. E poi, il Museo del Muro. E so che piangerei, perchè le ideologie non devono dividere fisicamente le persone. Ancora oggi si parla di Comunismo e di Capitalismo. Abbiamo imparato qualcosa? Quando uno Stato pone, come primo obiettivo, il profitto, spesso fine a se stesso, gli suggerirei di rileggere quelle atroci pagine, spesso narrate in fondo ai libri degli ultimi anni di scuola, una scuola che deve, ora, spostare il proprio baricentro, negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Proviamo a ripartire da lì, dopo aver comunque compreso come e perché vi si è arrivati.