Dalla ripresa post pandemia del nostro Paese, le morti bianche sul lavoro, non solo si sono moltiplicate, ma rappresentano un vero bollettino di guerra e una tragedia italiana annunciata.
La sintesi dei dati macro rendono esplicito il dramma; negli anni precedenti la lunga crisi economica strutturale che ha preso l’abbrivio nel 2008 per poi rientrare nel 2018, le morti sul lavoro erano mediamente circa 900 (quasi 3 morti giorno/anno); nella lunga recessione il target è aumentato a 1.200 e nella fase critica pre e post pandemia è balzato a quasi 1.700 morti (5 giono/mese).
Una siffatta performane non può essere un caso fortuito; la verità è che più la crisi avanza, morde, crea spietata concorrenza nel e tra “i lavori”, da un lato si affievoliscono gli standards di protezione individuale e di sicurezza, aumenta la disponibilità al rischio per parare timori di restare senza lavoro, si incentiva la relazione indici di rischio e produttività e, dall’altro, il Sistema delle Imprese, per recuperare margini di profitto tendenti al basso per effetto della crisi, riduce i costi del sistema integrato della sicurezza e della formazione, contrae le risorse destinabili alla manutenzione preventiva e, conseguentemente, allarga i rischi di infortunio e di morte.
L’andamento progressivamente esuberante delle morti bianche, non è un fortuito “caso” di un particolare destino cinico e baro, ma l’effetto delle “risposte” alla crisi e della contrazione delle condizioni oggettive e soggettive di sicurezza sul lavoro e di controllo delle variabili della organizzazione del lavoro e della prestazione della forza lavoro diretta e indiretta (Catena degli appalti).
L’aumento degli infortuni e delle morti bianche è anche correlato alla contrazione della presenza, del ruolo, della rappresentatività e del peso delle Confedazioni Sindacali Confederali.
Se si scrollano i macro dati ancora più a fondo, si intravede la vera contraddizione e la caratteristica “tutta italiana” della anomalia del sistema produttivo e distributivo: l’incidenza percentuale altissima delle micro e piccole imprese e l’atomizzazione della filiera degli appalti e delle imprese di servizio.