Nel ventesimo anniversario della tragedia dell’undici settembre, al di là del nitido ricordo di quel trauma collettivo, si ha la sensazione che tutto questo lasso di tempo sia stato scandito da una sorta di parabola, con un suo apice, e, proprio in questi giorni, un punto di mortificante ricaduta. In altre parole lo story telling che era invalso del ” Nulla sarà come prima”, si dovrebbe convertire nel suo contrario e cioè nel “Tutto è tornato come prima”.
Certo, molta acqua è passata sotto i ponti, ma si tratta di acqua smaccatamente malsana. Dopo la guerra scatenata dagli Usa contro il regime talebano ( dove si sarebbe annidata la centrale terroristica degli attentati), si sono succeduti altri eventi, quali l’attacco ordinato da Bush jr all’Iraq ( ispirato dalla grande bufala del possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam), l’uccisione di quest’ultimo, la guerra in Libia ( debitamente supportata dalle nazioni alleate degli Stati Uniti), con l’apparente scopo di spodestare Gheddafi, ma in realtà in nome di interessi economico-strategici, nonché, in sequenza, l’uccisione di Bin Laden e gli attentati dell’Isis in quasi gli Stati europei. Già sotto questo profilo, vien da notare un primo e basilare elemento: il terrorismo internazionale non è stato per nulla sconfitto, per la semplice ragione che si continua a non vedere o a fingere di non vedere che Paesi apparentemente collaborativi come Qatar e Pakistan in realtà attuano un latente doppio gioco, intessuto di supporto all’Occidente e probabile foraggiamento dei vari radicalismi islamici.
Ma al di là di questo, come dicevo, tutto è tornato come prima.
Ciò per il semplice fatto che in questi vent’anni, la strategia politica adottata da Usa ed Europa per contrastare regimi liberticidi e soprattutto il ritorno al Potere dei Talebani, è stata fallimentare. Al fanatismo degli estremisti coranici e alle tirannie dei vari Gheddafi ed Hussein, infatti, non si sono contrapposte scelte unitarie, dirette a favorire nuove e credibili democrazie. Né si sono promossi orientamenti comuni, ispirati alla difesa, costi quel che costi, di quei valori di cui lo stesso Occidente dovrebbe essere supremo Garante, quali la tutela dei diritti civili ( in primis delle donne) e l’importanza della formazione e dell’acculturamento soprattutto delle giovani generazioni. Si obbietterà che ciò non è del tutto vero, perché ad esempio in Afghanistan un percorso di sostegno alle istanze sociali e civili di quella popolazione è stato effettivamente tentato e parzialmente attuato dagli Usa e dai loro alleati. Obiezione legittima, ma vien da chiedersi allora per quale ragione si consente poi ai Talebani di riprendersi la leadership di quel Paese, tra l’altro in forza di un trattato stipulato proprio con gli americani. Contraddizione evidente quest’ultima. Ma resa possibile dal fatto che ad un certo punto gli Usa ( e i loro supporter occidentali), hanno anteposto la primazia dei loro interessi economici e strumentali ( vedi un illusorio controllo dell’Isis da parte degli “studenti del Corano”), a quei principi di salvaguardia dei diritti civili e umani e di creazione di contesti culturalmente evoluti, che dovevano essere invece mantenuti e strenuamente difesi.
Gli stessi valori però che nel frattempo sono impalliditi nel mondo occidentale, fino a diventare sinonimi di impopolarità, debolezza e perdita di tempo.
In altre parole, come accennavo nel titolo, la ferocia talebana è solo una faccia della medaglia. L’altra non è che il tramonto valoriale dell’Occidente, la sua disarticolazione e incapacità di perseguire politiche unitarie di solidarietà economica e sociale.
Purtroppo, logica del profitto e interessi da bottega la fanno da padroni, a scapito di una sensibile vicinanza a quelle sfortunate comunità, abbandonate a loro stesse dai veleni dell’egoismo e dell’indifferenza