Mi sentivo stanco e depresso. Per la prima volta nella mia vita, incapace di reagire. Così, forse per trovare l’ultima ispirazione, mi trascinai fino alla diga foranea, dove un mese prima mi ero congedato dalle ceneri di mia madre. Raggiunsi, sotto un sole ancora cocente, lo scoglio più vicino al mare. Mi sedetti assorto, perlustravo con lo sguardo lo specchio d’acqua sottostante. Cercavo disperatamente tra quei flutti un segnale, un’ispirazione che potesse distogliermi da un istinto auto- lesionistico che mi stava paralizzando. Ma niente, anche l’acqua sembrava vacua, talmente evanescente da confondersi con un cielo minaccioso. Poi d’improvviso mi cadde l’occhio su un foglietto. Umido ma ancora integro, pareva aggrappato allo scoglio, riluttante a farsi risucchiare dagli spruzzi, tenace nel resistere e nel farsi notare. Lo afferrai delicatamente, attento a non lesionarlo. Faticai a leggere il titolo di quello scritto, ma non a riconoscerne la grafia. Trasecolai. Era quella di mia madre. Custodii quella carta tra le mie mani, per qualche minuto, giusto per proteggerla dall’aggressività dei flutti e farla un po’asciugare. Poco dopo il testo fu perfettamente visibile. Ed io lo lessi tutto d’un fiato.
” A Fabrizio, contro l’assuefazione.
Figlio mio ancora questo volevo dirti. Non lasciarti andare. E combatti. Soprattutto contro ” L’assuefazione”.
Perché l’assuefazione è il motore delle nostre insoddisfazioni.
L’assuefazione è quella remissività mentale che induce ad accettare lo status quo, senza porsi interrogativi, senza mettere in discussione, sviscerandolo, l’orientamento di chi ci governa.
L’assuefazione è ancoramento alle nostre opinioni, troppo spesso ridotte a mere tifoserie, trascurando se nei pareri degli altri, vi sia qualche fondatezza, che meriti comprensione umana o intellettuale.
L’assuefazione ancora è slogan, partito preso, gusto per l’insulto, una semplicismo intellettuale che azzera qualsiasi bisogno di argomentazione e trasforma l’essere umano in cane rabbioso, pronto ad azzannare chiunque non la pensi come lui.
Assuefazione è altresì, attaccamento al personaggio che ci si è creati, alla sua artificialità e indiscutibilità, che induce a tagliare i ponti con chiunque osi rivolgere critiche e a circondarsi solo di yes men.
Assuefarsi infine, significa chiudersi nel guscio della propria routine, senza cercare alternative o vie d’uscita, pur sentendosi insoddisfatti o infelici, magari creandosi alibi sempre nuovi, allo scopo di non mettersi mai in gioco e restare sempre al palo.
Ti invito invece figlio mio, a coltivare il contrario, ossia l’Evoluzione. E cioè l’apertura a nuovi orizzonti intellettuali ed esistenziali, in grado di infonderti linfa vitale e migliorarti, in quella che è la sfida principale della nostra vita. La sfida con se stessi, con le proprie vulnerabilità e ferite, la capacità di rinnovarsi e di ricreare di volta in volta le proprie motivazioni, non facendosi mai abbattere da sconfitte o interlocutori intossicanti.
Perciò Fabrizio non sentirti mai vinto, ma semmai sempre in “viaggio”, in lotta continua contro l’infelicità
Tags:assuefazione