Cronaca

Il volontariato non è mai sbagliato

Eugenio Costa, è un ex-giocatore, nel ruolo di pivot, della Vigorelli Basket di Pavia, negli anni Ottanta.

Ritornato in voga, il suo nome, in questi giorni, per un’azione di rispetto e tutela dell’ambiente, la quale, nella sua città attuale, Genova, è stata interpretata nel modo corretto, ma, a Pavia, ha prevalso il rispetto della burocrazia. Egli ammette di non aver richiesto le autorizzaizoni necessarie e ne ha spiegato i motivi nella seguente dichiarazione dalla sua pagina Facebook:

Da quando avevo iniziato a coprire le scritte dei muri di Genova sapevo benissimo che non avevo le autorizzazioni per farlo. Tutti erano al corrente di quello che facevo, compresa la polizia locale che ha giudicato che facevo bene e che potevo continuare. Un giorno esce un articolo sul Secolo XIX, positivo sul mio operato e la settimana seguente il Sindaco mi chiama per ringraziarmi per il lavoro che svolgevo e per darmi un attestato. Nonostante queste autorizzazioni informali, alla prima denuncia ufficiale io sapevo che avrei dovuto fermare immediatamente e definitivamente il mio lavoro.
A Pavia la situazione era uguale a Genova. Interventi fatti alla luce del sole e grande spazio sui giornali. Tutti vedevano che cosa facevo e non ci voleva molto a capire che anche a Pavia io mi muovevo al di fuori delle procedure ordinarie. In uno dei primi interventi, ai primi di Maggio, il proprietario di un appartamento non aveva gradito il lavoro che stavo facendo. Mi sono immediatamente fermato senza che egli chiamasse la polizia. Il 17 Agosto si ripete la stessa cosa. Il proprietario di un appartamento mi dice che non posso continuare a dipingere la facciata del palazzo dove abitava ma, a differenza del primo caso, chiama la polizia. Arriva la pattuglia, egli spiega l’accaduto e io confermo la sua versione. Quindi la polizia telefona all’amministratore del condominio che risponde di non sapere nulla del mio lavoro. La polizia non redige alcun verbale e ce ne andiamo tutti a casa. Naturalmente impossibile fare altri interventi fino a che io non avessi chiarito la situazione con la polizia. Il giorno seguente sono in Corso Cavour a rimuovere manifestini da un muro. Passa la stessa auto della polizia, osservano quello che faccio, io chiedo se ci sono problemi, mi rispondono che quel lavoro lo posso fare. Chiedo allora in merito alla cancellazione delle scritte e mi dicono che senza autorizzazioni non posso dipingere.
Il proprietario dell’appartamento aveva tutto il diritto di chiamare la polizia e l’amministratore non poteva far altro che dire che non sapeva chi io fossi. Ugualmente il giorno seguente i poliziotti non potevano dirmi altro da ciò che mi hanno detto. Dunque tutti hanno svolto la loro parte nei limiti della loro competenza e libertà. Il problema non è nei fatti di quelle due giornate. Il problema è nei 20 anni precedenti, anni in cui è avvenuta la devastazione, con le scritte, del centro storico di Pavia. Chi conosce il mestiere può facilmente capire che per eseguire, come ho fatto io, 119 interventi su altrettanti palazzi occorre una trafila amministrativa infinita. Con il ragionevole rischio che una volta effettuato il ripristino del muro nel giro di pochi giorni la situazione tornasse critica e i condomini non avessero più l’energia per ripetere la procedura di intervento.
Se, per alcuni, l’arte grafica muraria è un atto di vandalismo, non è sembrato carino, ai cittadini, e non solo, colpevolizzare fino a questo punto, un gesto di volontariato impegnativo. Non scandalizziamoci se la violenza è più diffusa dell’amore.

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