Da sabato, il monumento alla Lavandaia è diventato ufficialmente il simbolo della lotta pavese al femminicidio. L’ennesima, e non è “un modo di dire”, vittima di un “malamore”, è Lidia Peschechera.
L’iniziativa è stata promossa dal movimento “Non una di meno”, campagna nata in Argentina nel 2015, e subito dopo, avviato anche da un gruppo di donne italiane, in continua crescita. L’obiettivo è urlare “basta” al femminicidio e alle varie forme di violenza maschile e chiedere un cambiamento politico e sociale nei loro confronti.
Rossella, portavoce nel movimento della sezione pavese evidenzia: «Non deve essere solo l’ennesimo femminicidio, per cui, ora, si piange e, domani, ci si dimentica; in un certo senso dobbiamo sentirci tutti responsabili ed è il momento di trasformare il dolore in rabbia e in un urlo di lotta: “Non una di meno”.
Non bisogna accettare la violenza subita come mogli, compagne, migranti, lavoratrici, con il denominatore comune di essere donne soggette alla gerarchia di una società patriarcale. La violenza è nella testa e passa ogni giorno dalle parole che si usano e che umiliano le donne».
Dipinta come “immagine di gioia pura e persona viva, libera e indipendente», non può essere un altro fatto di cronaca, in cui l’unico obiettivo è condannare il colpevole, ma iniziare un serio lavoro di formazione affinchè alcune mentalità retrograde scompaiano e le nuove generazioni possano concepire la parità tra i generi.