Oggi, 4 gennaio, si celebra la Giornata Mondiale dell’alfabeto Braille, il nome francese si riferisce al modello di linguaggio, creato per coloro non vedenti o ipovedenti. Essi, per secoli, compresero, ma non riuscirono a esprimersi come avrebbero voluto, poiché ricevevano informazioni a metà: i loro occhi non inviavano immagini al cervello e potevano solo immaginare.
Il 4 gennaio 2013 l’Onu ha deciso di fissare la data in onore ai nostri simili, portatori di questa disabilità, che, a volte, può essere curata e annullata del tutto. L’obiettivo di inserirli in una “Giornata Mondiale” è quello di rendere la società consapevole delle loro limitazioni e loro stessi protagonisti della società, senza discriminazioni. Coloro che dispongono di tutti e cinque i sensi devono sapere come gestire, a seconda della difficoltà, l’individuo che, anche in maniera silenziosa, chiede aiuto
L’ alfabeto Braille rappresenta il linguaggio umano, ma rappresentato in modo tattile, con lettere e numeri, costituiti da sei punti ciascuno.
Esso viene inventato da Louis Braille, nel 1800, in Francia, quando ormai l’analfabetismo era un fenomeno raro. Egli stesso conobbe in prima persona il problema. Quando era un bambino, perse la vista, giocando in maniera rischiosa con gli attrezzi del lavoro del padre e, da adolescente, fu mandato in un istituto creato ad hoc per quei ragazzi che dovevano ricevere una formazione speciale e, a soli 20 anni, presenta il suo progetto: una macchina da scrivere, perfezionata dal francese Foucault, nel 1860. Oggi, alcune macchine, utilizzate all’epoca, sono oggetti esposti nell’Istituto dei ciechi di Milano, come testimonianza per le nuove generazioni di quanti passi abbiano compiuto Scienza e Tecnologia, in questo ambito. Inoltre, confermato dai dati forniti dall’ Organizzazione Mondiale della Salute, oggi, sono 285 milioni le persone con problemi alla vista: 35 milioni rappresentano i non-vedenti, ma gli altri non conducono un’esistenza facile, soprattutto in un’era, in cui l’immagine è al primo posto.
Un dato positivo è rappresentato dall’80% dei pazienti che, secondo il Ministro della salute italiano, può guarire.