di FABRIZIO UBERTO
Le disgustose immagini degli assembramenti e della rissa al Pincio e delle folle che assediano gli impianti di risalita in Val d’Aosta e in Svizzera, mi inducono a parafrasare il noto romanzo di Moravia e a coniare l’appellativo di ” Nuovi Indifferenti”.
Riottosi a rispettare le regole, viziati dalle loro vite agiate, si stracciano le vesti per l’impossibilità di festeggiare il Natale ( del cui significato spirituale sovente a loro non importa niente) come capricciosamente vorrebbero e di poter godere della canonica sciata, eretta inaspettatamente a feticcio irrinunciabile. Loro, i nuovi indifferenti”, sono pronti a mettere a repentaglio le vite degli altri, dei ” fessi” per intenderci, che sono stati fin qui ligi a rispettare restrizioni e principi del buon senso, vivendo non di rado il trauma della perdita di un amico o di un affetto importante. Questi esseri senza coscienza sono punta d’iceberg di una generazione fragile, incapace di fornire validi modelli comportamentali ai propri figli, a loro volta ipnotizzati dai totem tablet, video giochi o altri passatempi da rimbambimento. Sono altresì, sotto la cortina fumogena di vite speciosamente appaganti, espressione paradossale della vera infelicità. Per compensare la quale vivono di “accumulazioni”, che queste ultime si chiamino seconde case al mare o in montagna, yacht, alcool, cocaina, auto e moto sempre più sontuose. Eppure, a dispetto di questa fittizia immagine da ” vincenti”, spesso si scopre che soffrono di insoddisfazione cronica, rispetto a coloro che, al contrario, hanno scelto la strada della “sottrazione”, moderni ” lupi della steppa”, la cui essenziale ricchezza è un mero benessere ed equilibrio interiore. E non appena a questi nuovi indifferenti si toglie il giocattolo del diversivo, ecco che improvvisamente diventano afflitti, nevrotici o depressi. Ciò accade perché ( come ho già avuto modo di dire), essi incarnano una sofferenza inconsapevole e auto indotta, alimentando loro stessi quelle afflizioni ( competitività sfrenata, invidia, rabbia, sempre nuove aspettative), da loro vissute invece come sale e leit motiv delle loro esistenze. Dentro di loro si annida un grande Vuoto, di cui in fondo non si sono mai preoccupati, ricorrendo alla scorciatoia del rimedio mondano e del palliativo da salotto. Questi signori hanno trascurato di coltivare il più importante dei giardini: quello dell’interiorità e dei suoi percorsi evolutivi. Così alla stregua degli ” uomini bambini” di Herman Hesse, alla prima contrarietà, si librano e precipitano al suolo, come foglie secche all’incedere d’autunno. Ma purtroppo, amaro epilogo della mia riflessione, oggi, noi che viviamo dall'”altra parte del cancello” della società, siamo nelle loro mani pilatesche. A causa della loro spocchia e del loro egoismo, alimentati dai soliti cattivi maestri negazionisti, rischiamo altre restrizioni, traumi, lutti Per questo, quando, si spera, il disastro avrà una sua fisiologica fine, necessiterebbe un moderno ” Processo di Norimberga”, che li inchiodi alle loro responsabilità. Prima tra tutte quella d’aver contribuito, per non rinunciare a sfizi e cattive abitudini, a annientare altre vite, falcidiando tra l’altro una generazione di anziani, dei cui valori di democrazia e di saggezza, molti di noi si sono nutriti con immensa gratitudine.
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