La frase: lavoro per tutti è parte integrante della Costituzione italiana. Il lavoro per l’uomo implica sforzo e necessità, si può definire un’opera redentiva: l’uomo che lavora, collabora con Dio per un mondo migliore, perché l’impegno quotidiano è necessario al sostentamento della famiglia, ma giova anche a rendere più giusti e cordiali i rapporti fra tutti i membri della società. Il lavoro è intercalato dal riposo sabatico, divenuto in seguito la domenica cristiana, dove è sempre valida la regola di San Benedetto: ora et lavora che significa prega e lavora. Premesso che lavorare con passione e amore diventa una miniera d’oro, fa bene al fisico e dà un certo equilibrio psicologico e mentale, ma il lavoro svolto per la gratuità non è fine a se stesso, in quando l’ordinario delle nostre giornate diventa straordinario per quanti hanno posto la loro fiducia in noi. Vista la carenza di lavoro, il fenomeno povertà e miseria ha avuto un’inversione di marcia in quanto chi necessita di aiuto non è solo il vecchietto barbone, ma sono le giovani famiglie senza lavoro e una moltitudine di giovani stranieri. Il lavoro è l’emblema di una società e quando esso viene a mancare, come in quest’ultimo decennio, si percepiscono danni economici e morali, ma volendo fare una distinzione, l’uomo è una cosa e l’economia è un’altra. Anche in tempi non sospetti l’economia ha trovato terreno fertile nella vita dell’uomo tanto da diventarne una ragione di vita, quasi facendo dimenticare il perché della propria esistenza su questa terra: l’ambire alla carriera e dare importanza al denaro e al possesso ha portato a sottovalutare anche il dono della paternità e della maternità. Parte di queste cose in alcuni hanno occupato spazi che sono le fasi della vita e che sono irripetibili, nella vita c’è un tempo per tutto: per amare, sorridere, godere di quanto ottenuto con i propri sacrifici. Davvero, uno non può fare molto, ma tutti possiamo fare molto.
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Il lavoro, prima di tutto. L’opinione di Vincenzo Punzo
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