23 novembre 1980
Quarant’anni di un terremoto che ha segnato la storia delle calamità naturali in Italia. L’Irpinia è un’area in provincia di Avellino. Quella sera, alle 19:34, una scossa di magnitudo, segnalata al grado 6,9 della scala Richter, fece tremare i territori che si estendono tra Campania e Basilicata. Novanta secondi sembrano una quantità di tempo quasi impercepibile, ma, in questa circostanza, è stato sufficiente a causare una tragedia, che registrò quasi 3000 morti, più di 8000 feriti e 300.000 sfollati.
Le testimonianze video, presenti su Youtube, mettono i brividi: all’epoca, ripristinare una situazione di calma e ordine, dopo un tale disastro, non fu facile: molti strumenti tecnologici, macchinari potenti e, soprattutto, il servizio de la Protezione Civile, istituito nel 1992, non esistevano. Il popolo italiano, reduce già da fatti di cronaca sconvolgenti, riuscì, con impegno e attenzione a recuperare corpi, non esamini, semplicemente spalando in mezzo alle macerie.
Un altro fatto molto grave fu il ritardo con il quale arrivarono i soccorsi al fine di ripristinare la situazione: occorsero cinque giorni, un ritardo inammissibile. Il presidente della Repubblica, l’ancora oggi amato Sandro Pertini, si recò sul posto indignato di questa pessima gestione e ne parlò sia alla radio sia alla televisione. Tra alcune macerie, si potevano ancora percepire le urla di persone ancora vive, che necessitavano. però, un intervento tempestivo, al fine di uscire abbastanza incolumi.
Come è noto dopo una scossa grave, ne seguono altre cosiddette di assestamento, che, in quella zona, influirono in modo ancora più decisivo sulla situazione. I cronisti presenti sul luogo raccontano della serie di boati che si sono sentiti, quasi come un bombardamento.
Alcune zone furono meno colpite, ma quando gli abitanti compresero che i movimenti del terreno erano dati da un terremoto, uscirono di casa, ma, solo raggiungendo il centro, più a valle, di alcuni paesi, compresero il danno appena accaduto. La nebbia non permetteva di vedere l’intera valle.
Lo scrittore, Erri De Luca, era nella sua città natale, Napoli, in visita alla sua famiglia, poiché lavorava in Piemonte: Il capoluogo della Campania fu, solo in parte, coinvolto, ma il movimento sismico raggiunse la zona, in cui risiedeva, in maniera accentuata.
Con gli altri membri, uscì in strada, nonostante non fu facile scendere tre piani di scale, poiché il suo movimento era sia ondulatorio sia sussultorio. La parola invece di sollievo che esce da De Luca è: “Unione”. In una calamità naturale, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, i paesi colpiti si uniscono, ma, con loro, in modo concreto, partecipanp anche quelli, geograficamente, lontani. All’epoca, la condivisione di immagini e filmati era meno diffusa di oggi, ma, con tutti gli eventi negativi accaduti nel nostro Paese, ogni cittadino aveva ben chiaro il concetto di sofferenza. Inoltre, anche il freddo non stava contribuendo ad aiutare chi aveva perso tutto. La paura del passato ha fatto sì che uomini comuni, con anche gli attrezzi più semplici, riuscirono a salvare vite umane, come quella di un bambino che era rimasta sotto le macerie per alcuni giorni e riuscì a salvarsi, anche grazie al corpo del padre, che gli fece da scudo, rinunciando a salvarsi, per coprire il figlio da gravi contusioni.
Oggi, conosciamo altri motivi di preoccupazione. Offriamo un pensiero e una preghiera sia ai sopravvissuti, che hanno potuto e possono raccontarci come affrontare un trauma di tale entità sia quelli che, forse, non fecero nemmeno in tempo a rendersi conto di ciò che stava loro accadendo.