Nel 1990, una delle hit più conosciute a livello mondiale e più profonde a livello morale è The Wind of Change, prodotto della band inglese Scorpions. Essa ha raggiunto le vette e ancora oggi è conosciuta dai ragazzi di quest’epoca, sia per la musicalità rock, ma non eccessiva, ma, soprattutto, per un cambiamento geopolitico, che, pur concluso, fa discutere: il 9 novembre 1989, dopo ventisette anni dal suo innalzamento, la popolazione civile distrugge, con rabbia repressa da tempo, a picconate, il cosiddetto “Muro di Berlino”. Quello scempio, sia a livello estetico sia razionale, aveva il “compito” di dividere non solo la città stessa, ma l’intero mondo: dalla parte Ovest, governava il Capitalismo, e dalla parte Est, il Comunismo.
Impresse nella mente sono le immagini e i filmati di quella fredda notte: è commovente osservare con quanta energia, giovani adulti, contribuivano a distruggere quel simbolo di vergogna nazionale. Berlino merita una nuova immagine, che non evidenzi quelle vicende, legate al secolo scorso, in cui ha conosciuto la peggior parte di sé.
Parti del muro sono visitabili all’interno di un museo, istituito come testimone di un politica completamente errata: non è una soluzione pacifica, dividere le persone secondo i loro ideali economici.
Capitalismo e comunismo non potranno andare d’accordo, ma non significa che gli esponenti non possano avvicinarsi gli uni agli altri.
Un nuovo ascolto e nuove emozioni: sin dalle prime note, quasi sussurrate, questo brano rapisce dal presente e ti riporta a quell’epoca. In realtà, quest’anno, con un maggior auspicio degli altri, noi siamo in attesa di un altro tipo di cambiamento.