Il 29 ottobre 1897, nasce in Germania, Paul Josef Goebbels che diventò ministro della Propaganda, espressione volutamente con la lettera maiuscola, durante il Nazismo.
Oggi, non si può definire propaganda quel caos mediatico che i mass media propinano in continuazione fino a infastidire, con la conseguenza di non riuscire più a seguire le notizie, comprese quelle funzionali a sapere come comportarsi in un’evoluzione rapida delle norme sanitarie e civiche.
In passato, anche nel caso appena citato, l’ informazione era meglio gestita in alcuni secoli non era nemmeno libera, però, era in una direzione e comprensibile, anche a una popolazione non istruita come dovrebbe e potrebbe essere quella che caratterizza quest’epoca. La frase più comune in questi giorni, quando si viene a contatto con la gente è:”Io non so più ciò che posso e non posso fare:l ‘infodemia rischia il non rispetto della legge, non per egoismo o pigrizia, ma perché già alcune situazioni familiari o professioni possono creare ulteriori problemi considerando la situazione critica e, con l’aggiunta di nozioni implicite o in rapidissima evoluzione, l’essere umano, già posto sotto stress, entra in uno stato di confusione e malumore.
Non si può gettare un individuo nel vuoto: tutti hanno diritto a una conoscenza universale, al fine di sentirsi parte di un gruppo che lotta per eliminare il virus.
Se, durante l’attività di Goebbels, il modo di comunicare alle masse era estremamente severo, con la proibizione di esporre idee diverse, era sicuramente più preciso e studiato a tavolino, rispetto alle contraddizioni attuali.
Quella porzione di libertà che rimane conviene utilizzarlo con ragione e valutare con pensiero critico i corsi accademici dedicati alla Comunicazione, presenti e rinomati anche nell’ ateneo pavese. Essi meritano più centralità e promozione.
Cervello acceso, prima di inciampare in qualche articolo nocivo al lettore e allo Stato.