Ormai siamo alla vigilia di un importante turno di elezioni amministrative e ci troviamo ancora nel pieno dell’emergenza sanitaria. Nella primavera si dovrebbe votare a Roma, Torino, Milano, Napoli, Bologna ma anche a Benevento, Varese, Trieste, Savona, Novara e in altre città capoluogo. Si sono già avviate le schermaglie tra le forze politiche, si anticipano candidature, si prefigurano modelli di alleanza. Però sembra in ritardo una riflessione complessiva su come potrà prefigurarsi l’orizzonte di una Città post – emergenza sanitaria, presunto che fra 6-7 mesi possa essere possibile dichiararsi in una condizione del tipo appena indicato. Sicuramente, in allora, saranno cambiati alcuni paradigmi di fondo: 1) La questione sanitaria risalterà al primo posto nelle preoccupazioni dei cittadini. Emergeranno allora problemi fin qui assolutamente trascurati: la territorialità dei presidi, la specializzazione delle strutture, la capacità del “pubblico” di far fronte a una richiesta sicuramente mutata nella qualità e nella qualità; 2) Temi come quelli della diffusione dello smart – working ,dell’agibilità della rete, dei trasporti urbani porranno il tema di un nuovo rapporto tra la metropoli e la periferia. Intendendoci bene: per periferia non si intendono i grandi agglomerati ai margini delle concentrazioni urbane, bensì le medie e piccole città di provincia che dovrebbero attrezzarsi proprio per essere sede ideale delle quote di lavoro che si sposteranno stabilmente a distanza; 3) Sono dunque in atto fenomeni che richiederanno profonde trasformazioni proprio nella capacità d’indirizzo nel governo della cosa pubblica. Sviluppo alcuni esempi: lo spostamento “fisico” nella possibilità di utilizzo di servizi sociali; l’innalzamento di qualità nella sostenibilità ambientale dei centri urbani (riscaldamento, traffico); l’adeguamento dei centri storici alle esigenze di un turismo di qualità e dimensione diversa rispetto a quello rutilante del consumismo di massa; un tipo di ristrutturazione urbana per costruire un’offerta di case in modo tale da rendere appetibile la possibilità di trascorrervi molto più tempo di quanto non fosse in passato; un’attrezzatura culturale e sociale adeguata a una inedita offerta di tempo libero; la fluidità dei trasporti collettivi; l’equilibrio tra il centro e le periferie cittadine. Ritorno su di un argomento già affrontato in passato :prima di tutto dobbiamo tornare a considerare la città come “ la nicchia ecologica della specie umana”. Storicamente possiamo dire che la Città ha offerto grandi occasioni di evoluzione nella relazione tra ambiente e rapporti sociali, di fruizione degli strumenti di conoscenza, di avanzamento tecnico e scientifico. In seguito sono state assunte scelte al riguardo delle quali non è possibile nasconderci dietro a un dito : non è possibile che la Città continui a pensare a sé stessa come ripiegata attorno ad espressioni di consumismo irragionevole che hanno causato, prima di tutto, un deperimento crescente dei nostri beni collettivi. Non basta tornare a recitare vecchi slogan, del tipo : “La Città a misura di…”; sono cambiate troppe cose in una misura molto profonda. Così ho cercato soltanto di enucleare alcuni punti di carattere generale che dovrebbero essere ricordati, al fine di stimolare una volontà di cambiamento in forze determinate e capaci di costruire una consapevolezza circa la necessità di avviare una nuova costruzione d’identità.
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La città e il post-emergenza. Il punto di Franco Astengo
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