Buongiorno a tutti,
oggi vorrei sottoporre alla Vostra attenzione il caso, a dire il vero piuttosto singolare, di una persona che multata per non aver esposto sulla propria autovettura il biglietto che attestava il pagamento del parcheggio è arrivato addirittura in Corte di Cassazione per far valere le proprie ragioni.
Un soggetto contesta di fronte al Prefetto un verbale di accertamento per la mancata esposizione del ticket che prova il pagamento del parcheggio: violazione per la quale viene sanzionato a corrispondere 113,87 euro.
Il Prefetto respinge il ricorso, ma il trasgressore impugna l’ordinanza di fronte al Giudice di Pace assumendo, tra l’altro, il restringimento della carreggiata per creare ulteriori parcheggi a pagamento ma quest’ultimo rigetta l’opposizione e conferma la sanzione.
Il soggetto multato però ricorre in appello, facendo presente che nella piazza in cui gli è stata contestata la multa non sono previsti parcheggi gratuiti nella stessa misura di quelli a pagamento. Il Tribunale però rigetta anche questa volta l’impugnazione, anche perché la scarsità dei parcheggi lamentata dal ricorrente non è stata dimostrata.
Il trasgressore a questo punto decide di ricorrere in Cassazione dove solleva due motivi di ricorso: con il primo contesta il fatto che il Tribunale non abbia posto a fondamento della sua decisione i fatti contestati alla Prefettura, con il secondo evidenzia invece come la motivazione del Tribunale sia insufficiente o contraddittoria su un punto decisivo.
Per l’ordinanza n. 15678/2020 della Corte di Cassazione i due motivi sollevati dal ricorrente invece sono fondati e meritano di essere accolti.
Prima di tutto la Corte evidenzia come “nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della strada, grava sull’autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dell’opponente che lamenti la mancata riserva di un’adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova dell’esistenza della delibera che esclude la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell’art. 7, c. 8 C.d.S.”.
Valgono pertanto le doglianze sollevate dal ricorrente relativamente alla esiguità di parcheggi gratuiti e al restringimento della sede stradale per la necessità di prevedere più posteggi a pagamento perché sono fatti a cui l’Amministrazione doveva replicare dimostrando di aver destinato un’area incustodita a parcheggio o provando l’esistenza di una delibera in grado di rendere inoperante questo obbligo.
Gli Ermellini pertanto cassano la sentenza, disponendo che il giudice del rinvio debba attenersi al seguente principio di diritto: “in relazione agli obblighi di cui all’art. 157, c. 6 C.d.S. (nei luoghi ove la sosta è permessa per un tempo limitato è fatto obbligo ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l’orario in cui la sosta ha avuto inizio. Ove esiste il dispositivo di controllo della durata della sosta è fatto obbligo di porlo in funzione), è onere della Pubblica Amministrazione sia dare prova dell’adozione dei necessari provvedimenti amministrativi individuanti, nella zona interessata, una adeguata area destinata a parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta, sia, in mancanza, dare prova dell’adozione dei provvedimenti amministrativi, segnatamente della Giunta comunale, atti a rendere inoperante l’obbligo di cui all’art. 7, c. 8, prima parte, C.d.S. (riservare, cioè, un’area adeguata al parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta) in rapporto alle prefigurazioni di cui all’art. 7, c. 8, seconda parte, C.d.S.”.
Avv. Cristina Anelli
oggi vorrei sottoporre alla Vostra attenzione il caso, a dire il vero piuttosto singolare, di una persona che multata per non aver esposto sulla propria autovettura il biglietto che attestava il pagamento del parcheggio è arrivato addirittura in Corte di Cassazione per far valere le proprie ragioni.
Un soggetto contesta di fronte al Prefetto un verbale di accertamento per la mancata esposizione del ticket che prova il pagamento del parcheggio: violazione per la quale viene sanzionato a corrispondere 113,87 euro.
Il Prefetto respinge il ricorso, ma il trasgressore impugna l’ordinanza di fronte al Giudice di Pace assumendo, tra l’altro, il restringimento della carreggiata per creare ulteriori parcheggi a pagamento ma quest’ultimo rigetta l’opposizione e conferma la sanzione.
Il soggetto multato però ricorre in appello, facendo presente che nella piazza in cui gli è stata contestata la multa non sono previsti parcheggi gratuiti nella stessa misura di quelli a pagamento. Il Tribunale però rigetta anche questa volta l’impugnazione, anche perché la scarsità dei parcheggi lamentata dal ricorrente non è stata dimostrata.
Il trasgressore a questo punto decide di ricorrere in Cassazione dove solleva due motivi di ricorso: con il primo contesta il fatto che il Tribunale non abbia posto a fondamento della sua decisione i fatti contestati alla Prefettura, con il secondo evidenzia invece come la motivazione del Tribunale sia insufficiente o contraddittoria su un punto decisivo.
Per l’ordinanza n. 15678/2020 della Corte di Cassazione i due motivi sollevati dal ricorrente invece sono fondati e meritano di essere accolti.
Prima di tutto la Corte evidenzia come “nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della strada, grava sull’autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dell’opponente che lamenti la mancata riserva di un’adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova dell’esistenza della delibera che esclude la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell’art. 7, c. 8 C.d.S.”.
Valgono pertanto le doglianze sollevate dal ricorrente relativamente alla esiguità di parcheggi gratuiti e al restringimento della sede stradale per la necessità di prevedere più posteggi a pagamento perché sono fatti a cui l’Amministrazione doveva replicare dimostrando di aver destinato un’area incustodita a parcheggio o provando l’esistenza di una delibera in grado di rendere inoperante questo obbligo.
Gli Ermellini pertanto cassano la sentenza, disponendo che il giudice del rinvio debba attenersi al seguente principio di diritto: “in relazione agli obblighi di cui all’art. 157, c. 6 C.d.S. (nei luoghi ove la sosta è permessa per un tempo limitato è fatto obbligo ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l’orario in cui la sosta ha avuto inizio. Ove esiste il dispositivo di controllo della durata della sosta è fatto obbligo di porlo in funzione), è onere della Pubblica Amministrazione sia dare prova dell’adozione dei necessari provvedimenti amministrativi individuanti, nella zona interessata, una adeguata area destinata a parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta, sia, in mancanza, dare prova dell’adozione dei provvedimenti amministrativi, segnatamente della Giunta comunale, atti a rendere inoperante l’obbligo di cui all’art. 7, c. 8, prima parte, C.d.S. (riservare, cioè, un’area adeguata al parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta) in rapporto alle prefigurazioni di cui all’art. 7, c. 8, seconda parte, C.d.S.”.
Avv. Cristina Anelli
Per ulteriori informazioni: avvcristina.anelli@libero.it